Episodio 1.In cui si apprende che un certo Tsutsui vuole privare delle conversazioni i partecipanti al Forum di Davos facendo saltare un ripetitore della telefonia mobile. | |||
di Daniel de Roulet | |||
Episodio 1. |
Solo dopo mezzanotte Tsutsui si sente meglio. Ha calcolato la sua spedizione in funzione della calata della luna. Da dieci minuti è sprofondata dietro il ghiacciaio in quota. Tsutsui posteggia la Volvo nel parcheggio all'entrata di Davos, imbratta le targhe con un po' di neve, si incammina. La temperatura è di cinque gradi sottozero. Nessuna traccia di vento. Sotto tre centimetri di neve polverosa, lo strato è duro, non si affonda. Ma lassù, senza smettere da tre giorni, ne è caduta quasi un metro. Per giungere fin sotto il pilone, Tsutsui calcola tre ore. E due ore al massimo per ridiscendere. Non seguirà lo stesso cammino a causa delle telecamere ad infrarossi, installate lungo il percorso. Su Internet ha osservato le loro manovre. Sa che ogni venti minuti, le telecamere riprendono un'immagine fissa. Dapprima ha immaginato di neutralizzarle dal retro mettendogli dello scotch, ma non è facile arrampicarsi su un palo gelato. I poliziotti si divertirebbero alle sue spalle, vi ha rinunciato. Nei corridoi del penitenziario, ci si abitua a ignorare le telecamere. Altrimenti si impazzisce, non sai più cos'è tuo, qual è la propria immagine. Tsutsui non vuole riempirsi la testa delle idee dei suoi nemici. È facile cadere nelle loro trappole. Si comincia a pensare obliquo: il telefonino è un progresso, la resistenza un segno di debolezza, la passione amorosa una malattia ghiandolare. Le telecamere vedono di notte, basta inviare della luce rossa sul soggetto da filmare. Capita non solamente nei penitenziari giapponesi, ma anche nella camera da letto del Presidente degli Stati Uniti. Inerpicandosi su questa neve dura, sembra di essere sulla crosta indurita delle ceneri dell'Unzen, Sale il versante di una collina in una foresta di abeti che d'inverno perdono i loro aghi. Vi si trovano strane conifere. In estate, quando era venuto per preparare l'operazione, la foresta sembrava densa. Non aveva previsto che in Svizzera la neve rende la foreste calve. Aveva approfittato di un fine settimana di agosto in cui altri Giapponesi vengono ad ammirare le Alpi. La camera d'albergo guardava direttamente sulla stazione di Davos-Dorf. Nell'aria c'era una dolcezza che invitava a passeggiare in coppia. Ma era venuto da solo per non compromettere nessuno. Una commedia facile: la scatola da interrare non era più grande di un telefono portatile. La carica dipende da ciò che si intende far saltare. Tre chili di diserbante ben incapsulati bastano a destabilizzare una piattaforma. Il ripetitore era posto su un treppiede metallico. Togliendo un piede, l'installazione traballa, le antenne perdono il loro orientamento. In seguito, quarantotto ore per rimettere tutto a posto. Tutti i ripetitori della telefonia di Davos vi convergono. Tsutsui immagina gli invitati al Forum che tentano di telefonare ai loro simili. I loro sorrisi infastiditi, poi minacciosi e infine ridicoli. Il ridicolo è ciò che meno sopportano, risveglia le loro vecchie paure infantili. Vede Max vom Pokk, quello che ha insultato questo fine pomeriggio quando l'ha riconosciuto dall'altro lato del cordone di polizia, mentre chiama il suo banchiere: la comunicazione non può essere stabilita. Oppure il padrone della Mitsubishi che telefona al primo ministro: il numero desiderato non è raggiungibile. Di giorno da qui, la panchina permette di ammirare il panorama. Tsutsui si accomoda, leva dalla tasca una bottiglietta termica. Sul fondo del bicchiere aggiunge un po' di neve fresca che si scioglie con il tè. Beve un sorso, ammirando il profilo delle montagne, le valli laterali in cui i surfisti in libertà hanno lasciato delle tracce audaci. In fondo alla valle, il villaggio. Campo trincerato dietro un muro di cinta rischiarato a centomila watt. File di autocarri lungo le tende bianche, l'accampamento delle forze speciali di intervento. Le coppie di puntini neri segnalano i cani che pattugliano a lato dei loro padroni. (continua) | ||
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Copyright © 2001 Daniel de Roulet per la versione originale francese |
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