Edizioni La Baronata


Episodio 14.

In cui Tsutsui dimostra uno straordinario talento nella realizzazione di un pupazzo di neve.

di Daniel de Roulet
Episodio 1.

Tra tutti gli sport invernali praticati nel cortile del penitenziario, il preferito da Tsutsui era il concorso dei pupazzi di neve.

Si avevano a disposizione trenta minuti per una figura. Si cominciava con un grosso mucchio di neve nel quale si infilavano dei manici di scopa. Si schizzavano dapprima delle forme grossolane, il tronco del corpo, le braccia, la testa. Poi con le mani nude, nonostante il freddo intenso per cogliere meglio l'atteggiamento, modellare i tratti del viso.

Occorreva che la persona rappresentata potesse essere identificata da tutti. Dal quinto inverno Tsutsui era diventato campione dei pupazzi di neve. In trenta minuti era capace di rifare l'esatta copia di chiunque.

Aveva realizzato la statua di Arafat, del subcomandante Marcos, della principessa Diana. Ma anche del capo dei secondini e persino del direttore del penitenziario. Quest'ultimo era venuto a posare accanto alla statua di neve, per una foto sull'Asaï Shimbun.

Ciò che Tsutsui esercitava con maggiore assiduità era l'autoritratto. L'aveva finito una sola volta nel corso dell'ottavo e ultimo inverno.

Gli altri detenuti lo avevano trovato talmente somigliante che avevano vestito il manichino con l'uniforme dello stabilimento. Lo avevano lasciato fuori tutta la notte e il mattino con il gelo si aveva l'impressione che lo stesso Tsutsui avesse trascorso la notte all'aperto.

All'uscita della foresta, il paesaggio cambia. Un pendio regolare porta fino alla Bräma. La via più diretta sarebbe di seguire la linea della sciovia. Ma è meglio salire a zigzag. È meno ripido. Si resta al sicuro sulla pista degli sciatori dove è passato il gatto delle nevi.

Segue i picchetti blu che indicano la pista più facile. Essa descrive una grande Z, che incrocia più volte il solco della sciovia.

C'è da chiedersi da dove provenga tutto questo chiarore. Non c'è la luna, ci sono solo le stelle. Si direbbe che la neve stessa abbia custodito la luce del giorno per restituirla di notte.

Da quando Tsutsui è ritornato ciò che si dice un uomo libero, non aveva più costruito dei pupazzi di neve. Ma là, sotto le stelle, circa a metà del grande pendio bianco, gli sembra che il lavoro sia per metà già fatto. Un cannone per la neve ha deposto un piccolo mucchio alto un metro e mezzo. Piantandoci due picchetti della pista, si faranno le braccia, poi la testa.

D'un tratto si ritrova nel cortile della prigione per la grande finale dei pupazzi di neve. Cinque detenuti sono in lizza per l'ultima gara. Soggetto imposto: l'autoritratto.

Tsutsui comincia con l'atteggiamento del torace, il proprio dorso leggermente curvo, la sua nuca inclinata. Esagera un po' la posizione come se il soggetto stesse scendendo il pendio a gambe levate. Una gamba piegata, l'altra tesa. Quando la forma generale è fissata, occorre ancora affinare il profilo.

Tsutsui si leva i guanti. A mani nude scava gli occhi, disegna il proprio mento, esagera la curva del collo. Alla fine il tutto ha una dimensione talmente esatta che potrebbe infilargli il proprio passamontagna di lana nera e il suo anorak chiaro. Indietreggia di qualche passo. Non ha perso la mano.

Dietro di sé ode i detenuti applaudirlo, dichiararlo vincitore. Saluta educatamente come i Giapponesi sanno fare, la schiena piegata in due. Riprende il suo marsupio, infila i guanti e riparte deciso in direzione del ripetitore.

Da una posizione più elevata, riguarda il pupazzo di neve che ha realizzato. È straordinariamente somigliante. Si direbbe il sosia di Mirafiori Tsutsui mentre si sta precipitando già dal pendio. Una statua di sale che sta fuggendo.

(continua)

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Copyright © 2001 Daniel de Roulet per la versione originale francese

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