BALBONI Ferdinando (Nando)
Panettiere
Baura di Ferrara (Italia) 31.01.1893 da Enrico e Marcellina Bassini - Basilea BS luglio 1986.
(Una figlia sposata e domiciliata in Svizzera).
L'azienda del padre fallisce e questi con la propria famiglia emigra a Zurigo, a Melano TI, poi a Basilea nel 1911.
Nel corso di un rientro temporaneo in Italia con alcuni amici, Ferdinando viene arrestato alla frontiera e integrato con la forza nell'esercito, incorporato nel 34 reggimento "Fossano" trasferito a Rodi e poi sull'isoletta di Karpathos. Nell'esercito impara il mestiere di fornaio. Rientra in Italia nell'ottobre 1919. Agli inizi del 1920 dopo il congedo emigra nuovamente e definitivamente in Svizzera, a Basilea.
Risulterà abbonato a Risveglio dal 1929 al 1946.
Sposato con Maria Barzaghi, due figli, gestisce nella città di Basilea una panetteria/pasticceria. Un rapporto della Direzione Generale di P.S. lo definisce “un comunista dissidente ma con tendenze anarchiche, nemico acerrimo del Regime fascista”, capace di nutrire “odio profondo contro S. E. Balbo” e per di più legato a Basilea ad “una estesa parentela composta tutta di sovversivi anarcoidi”. La sua casa è frequentata da numerosi uomini e donne di tendenza anarchica, sui cui la polizia esercita costante controllo e ricerca di informazioni. La sua corrispondenza è sotto controllo, ed una lettera indirizzata ad una sorella del padre, residente a Baura, causa “una perquisizione che ha creato un certo turbamento in famiglia". "Sembra - afferma il Balboni nel suo esposto alla Regia Legazione d’Italia di Berna - che la polizia abbia detto di reperire una sua fotografia”. Contestualmente il Balboni chiede di potersi recare in Italia, cosa che il Console Orsini ritiene “assai opportuno favorire” in quanto “ è noto per avere ospitato elementi sovversivi, ma non risulta avere attivamente partecipato ad azioni né mai fu notato in comizi pubblici” e “da un viaggio del Balboni in Italia, dietro sorveglianza della polizia, non c’è che da sperare bene agli effetti della nostra azione di riconciliazione e propaganda dopo l’amnistia del I Decennale”. Nel 1937 la Polizia politica italiana lo inserisce in un “elenco di nominativi ed enti che si trovano in relazione col Comitato anarchico pro vittime Spagna di Parigi”.
In effetti, dagli anni Venti è una figura di rilievo nel Circolo libertario di Basilea (negli anni Venti il gruppo era composto da una quarantina di compagni, soprattutto muratori, dagli anni Trenta da una ventina, fin quando il gruppo si è sfasciato nel 1937/38). "Io sono diventato anarchico perché ho trovato l'insegnamento di Bertoni l'unico che possa andare verso la meta, perché io penso che l'autorità sia dannosa e che l'anarchia sia l'unica cosa che può garantire la felicità dell'umanità, non solo degli anarchici... di tutti!... " (di Balboni intervistato da P. Manz).
Soprattutto Balboni si impegna per l’aiuto agli esuli, in contatto diretto con Bertoni e Frigerio di Ginevra, e particolarmente con i ticinesi Gagliardi, Peretti, Bonaria e Vanza (dai quali riceveva una fotografia dell'esule), diventando il punto di riferimento per l'espatrio in Francia di fuorusciti dall'Italia: "Ne ho passati molti... ho avuto delle settimane fino a cinque o sei ... una volta tre insieme. Erano operai socialisti o anarchici. Io avevo un trucco: ... qui alla frontiera c'era una cava di sabbia, di ghiaia... francese. E lì c'era una ventina, venticinque operai. Allora me mandavo lì con quello che doveva passare (a mezzogiorno) e poi andavo insieme a loro che andavano a St.Louis. A me non sono mai stato preso: arrivavano alla stazione e via! Ah, io... quando agisco ho sempre agito da solo..." . Tra gli esuli aiutati ricorda - purtroppo - solo Dorotea, la moglie di Mastrodicasa, Covelli, Macchi, Astolfi, Carlo Bacigalupo, avv. Schiavini nel 1931, Buffoni, la moglie di Maniscalchi, la moglie di Nino Napolitano, Carlo Castagna, Gigi Damiani, Emilio Canzi, Adolfo Ustori, Tomaso Serra...
Dal secondo dopoguerra, collabora con i fratelli Köchlin (Koechlin), anarchici di Basilea.
Vive dal 1976 in un ospizio per anziani a Basilea, negli ultimi anni è ipovedente. Fino alla morte mantiene sempre contatti con i compagni, particolarmente in Italia con Pio Turroni, in Ticino con Carlo Vanza, Antonietta Peretti e con due giovani ticinesi (Edy Zarro e Gianpiero Bottinelli).
Nel CPC di Roma risulta residente in Svizzera, segnalato dal 1928 al 1942, iscritto alla Rubrica di frontiera - busta 263 (non visionata).
FONTI: GB // AAVV, Sovversivi di frontiera, "L'emigrazione politica ferrarese durante il fascismo", opuscolo del Centro di doc. storica del Comune di Ferrara, aprile 2002 / Interviste di Bottinelli-Zarro / Peter Manz in "Emigrazione italiana a Basilea (1914-1925)", dattiloscritto, Università di Basilea marzo-maggio 1979 / Peter Manz, "Emigrazione italiana" in Cooperazione No 31/32, 7.8.1980 / Risvveglio per abbonamento / Risv. 30.5.1936 per la morte della figlia quindicenne Lilì /
|