Cantiere biografico
degli Anarchici IN Svizzera








ultimo aggiornamento: 25/04/2024 - 11:34

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BORN Maurice

Saint-imier BE 1943 - Toulouse 9.7.2020

Ci sono modi diversi di ricordare un uomo come Maurice Born. Si possono dare due date tra parentesi con un trattino in mezzo (1943-2020), calcolare che è morto il 9 luglio a settantasei anni e trovare un significato per il trattino tra le due date. Si può parlare di ciò che ha fatto, dei film, dei libri, dei dibattiti e persino degli edifici realizzati.
Ma non va dimenticato il Maurice in movimento. Più volte ha traslocato, si è stabilito dicendo che non si sarebbe più spostato. In capo a poco tempo gli veniva la voglia di partire. Françoise, la sua compagna, mi ha detto che se la malattia che gli ha roso i polmoni non glie l'avesse impedito, si era forse deciso di abbandonare Creta.
Ha cominciato la sua vita a St-Imier dove sua madre ci preparava delle eccellenti tartine per la merenda mentre suo padre installava l’elettricità nelle case e vendeva apparecchi radiofonici. Quando si nasce a St-Imier nel Giura svizzero alla fine della seconda guerra mondiale, si è impregnati della tradizione orologiera e delle rivolte che ne hanno fatto parte. Dal principio, gli orologieri, lavoratori indipendenti, rifiutavano le trasformazioni che apportavano le fabbriche. Da ciò, alla fine del XIX secolo, lo sviluppo delle idee anarchiche in tutto il Vallon. Da quando Bakunin è passato di là, il suo né Dio né padrone è spesso stato sbattuto in faccia ai padroni delle fabbriche da coloro che si rivoltavano e abbandonavano i luoghi. Maurice è partito come altri a causa della ristrettezza del paesaggio. Il suo migliore amico si suicida, Maurice preferisce la fuga.
Il fratello minore al contrario rimane sul posto e, a venticinque anni, riesce nell’impresa di aprire in questo paese di sei mila abitanti un centro culturale nel quale si esibiscono volta per volta Barbara, Juliette Gréco, Léo Ferré, Claude Nougaro e altri.
A Parigi, Maurice incontra colui che sta per scrivere Elogio della fuga, Henri Laborit, l’uomo che ha inventato i neurolettici. Succede all’università di Vincennes nel 1969 dove Maurice studia l’architettura, l’urbanistica e la rivoluzione. È a Laborit che presenta il suo progetto: documentare la comunità autonoma dei lebbrosi, il loro modo di organizzazione al margine della società. Sarà Spinalonga, piccola isola al largo di Creta, il soggetto dell’inchiesta che lo occuperà per tre anni. Vi era stato portato da una architetta greca, Marianne, con la quale aveva appena avuto una figlia, Isabelle.
Ritorno a Parigi, dove grazie al denaro dei laboratori Sandoz, ha la fortuna di lavorare con Jean-Daniel Pollet, geniale regista di cinema a cui la Nouvelle Vague deve la sua estetica lontana dagli accademismi. Pollet e Murice girano un documentario sui lebbrosi di Spinalonga, un altro sugli operai di una fucina nel Perche, antica contea del nord della Francia.
Quanto a Spinalonga, non abbandona mai le ricerche. Cominciano con il documentario con Pollet, L’Ordre (1973), poi con un libro pubblicato da Grasset L’Île des lépreux (1979), poi La Chimère infectieuse con le edizione de l’Aire (1993), poi Pas de quartiers! De quelques figures du déracinement, Editions d’en bas e Atelier de création libertaire (2005), e infine Vies et morts d’un Crétois lépreux da Anacharsis (2005).
Dopo il 68, Maurice vive nel sud della Francia con la moglie e la figlia e si mette a ristrutturare case.
Nel 1982 a St-Imier, il fratello, trentaquattro anni, muore di infarto. Il padre muore l’anno seguente e Maurice ritorna al paese. La madre è rimasta sola e gli affari del padre non tutti sistemati. Il figlio che resta deve occuparsene, sarà lunga, ma ha l’occasione di conoscere Françoise. In questo ritorno forzato trova il pretesto per animare la vita di paese. Si stabilisce e fonda Espace Noir che, come indica il nome, si riallaccia alla storia della vecchia anarchia: una libreria, una sala spettacolo, una sala cinema, un’osteria, dei dibattiti.
Siamo nel 1986. Poco tempo dopo, si trasferisce a Dole, e fonda con Françoise le edizioni Canevas. Il catalogo di questa casa editrice rivela le inclinazioni e gli impegni di Maurice. Scopre nuovi autori, pubblica testimonianze di anarchici, celebri o no, offre delle belle riletture di classici dimenticati, Cendrars, Tolstoj. Si appassiona per Panaït Istrati di cui diffonde i Cahiers. Il Teatro popolare romando pubblica da lui gli spettacoli che mette in scena, da Michel Vinaver a Marivaux. Una volta all’anno, l’editore riunisce i suoi autori viventi, i quali tutti ammirano il suo savoir-faire e riconoscono la fortuna che hanno di essere pubblicati con particolare cura. Rilettura accurata, tipografia scelta e bella carta.
Nel 1998, Canevas cessa l’attività, perde troppo denaro. L’architetto che non esercita si ingegna e ricostruisce una volta ancora la sua casa. Dapprima nel centro di Dole, poi si installa con Françoise e il suo giardino a Frasne-les-Meulières nella Franche-Comté. Poi è nel Gers dal 2003 e di nuovo a Creta, non lontano da Spinalonga. Ogni volta che trasloca, si interessa al luogo e alla sua storia. A St-Imier, ha scoperto gli episodi taciuti degli anni 1850 quando un rifugiato ebreo è stato difeso da tutto il paese. A Dole ha documentato la storia della cattedrale, a Frasne-les-Meulières quella delle croci patenti Non si accontenta di stabilirsi o di ritornare in un luogo, si appropria della storia, rovista negli archivi, consulta i vecchi autori. Quando viaggia, si documenta non solo sullo stato del luogo, ma anche sulla sua storia, su ciò che altri hanno detto. Da qui la sua passione a non concludere, verificabile soprattutto a proposito dei lebbrosi, ma che si manifesta anche quando si tratta delle sue proprie idee. Da Panaït Istrati è passato a Orwell. I due si erano conosciuti e Maurice esitava tra i due. L’ho sentito dire: Credo di essere come Orwell un anarchico conservatore. Tutti quelli che hanno corrisposto con lui sanno che concludeva firmando Pacificamente. Questo orrore delle guerra non era una formula, ma una convinzione.

Nel corso dei suoi traslochi, si è alleggerito. Non solo dei libri della sua immensa biblioteca, forse anche della coorte dei suoi ammiratori. Riduce il suo guardaroba, si preoccupa sempre meno della sua figura di vecchio saggio. Diceva di essersi rasato una sola volta nella vita su ordine della suocera per il suo primo matrimonio. Aggiungeva con una strizzatina d’occhio: Non ci posso far niente se Bakunin si è messo ad assomigliarmi.

Daniel de Roulet, 12.08.2020

(traduzione dal francese di Edy Zarro)

 


Question pour un portrait : Maurice Born - YouTube

BORN Maurice
Saint-imier BE 1943 - Toulouse 9.7.2020

Il y a différentes manières d’évoquer un homme comme Maurice Born. On peut donner deux dates entre parenthèses et un trait d’union au milieu (1943-2020), calculer qu’il est mort le 9 juillet à soixante-seize ans et trouver une signification au trait d’union entre les deux dates. On peut parler de ce qu’il a fait, des films, des livres, des débats et même des maisons en dur.
Mais il ne faut pas oublier Maurice en mouvement. Plus d’une fois, il a déménagé, s’est posé en nous jurant qu’il ne bougerait plus. Au bout d’un certain temps lui venait l’envie de repartir. Françoise, sa femme, me dit que si la maladie qui lui a rongé les poumons ne l’en avait pas empêché, il aurait peut-être une fois de plus décidé d’abandonner la Crète.
Il a commencé sa vie à Saint-Imier où sa mère nous faisait d’excellentes tartines pour le goûter tandis que son père installait l’électricité dans les maisons et vendait des postes de radio. Quand on naît à Saint-Imier dans le Jura suisse à la fin de la Seconde Guerre mondiale, on est imprégné par la tradition horlogère et par la révolte qui en a fait partie. Dès le début, les horlogers, travailleurs indépendants, refusaient les transformations qu’apportaient les manufactures. D’où, à la fin du XIXe siècle, le développement des idées anarchistes dans tout le Vallon. Depuis que Bakounine est passé par là, son ni Dieu ni maître a souvent été jeté à la figure des patrons des manufactures par ceux qui se révoltaient et quittaient les lieux. Maurice est parti comme d’autres, à cause de l’étroitesse du paysage. Son meilleur ami se suicide, Maurice préfère la fuite.
Son frère cadet en revanche reste sur place et, à vingt-cinq ans, réussit l’exploit d’ouvrir dans ce village de six mille habitants un centre culturel dans lequel se produisent tour à tour Barbara, Juliette Gréco, Léo Ferré, Claude Nougaro et d’autres.
À Paris, Maurice rencontre celui qui justement allait écrire Éloge de la fuite, Henri Laborit, l’homme qui inventa les neuroleptiques. Ça se passe à l’université de Vincennes en 1969 où Maurice étudie l’architecture, l’urbanisme et la révolution. C’est à Laborit qu’il présente son projet : documenter la communauté autonome des lépreux, leur mode d’organisation en marge de la société. Ce sera Spinalonga, petite île au large de la Crète, sujet d’enquête pendant trois ans. Il y avait été emmené auparavant par une architecte grecque, Marianne, avec laquelle il venait d’avoir une fille, Isabelle.
Retour à Paris où, grâce à l’argent des laboratoires Sandoz, il a la chance de travailler avec Jean-Daniel Pollet, génial réalisateur de cinéma à qui la Nouvelle Vague doit son esthétique loin des académismes. Pollet et lui tournent un film sur les lépreux de Spinalonga, un autre sur les ouvriers d’une forge dans le Perche.
Au sujet de Spinalonga, il n’abandonne jamais ses recherches. Elles commencent par le film avec Pollet, L’Ordre (1973) puis par un livre chez Grasset L’Île aux lépreux (1979), puis La Chimère infectieuse à l’Aire (1993), puis Pas de quartiers ! De quelques figures du déracinement, Éditions d’en bas et Atelier de création libertaire (2005), et finalement Vies et morts d’un Crétois lépreux chez Anacharsis (2015).
Après 68, Maurice vit dans le sud de la France avec femme et enfant et se met à bricoler des maisons.
En 1982 à Saint-Imier, son frère, trente-quatre ans, meurt d’un coup. Son père meurt l’année suivante et Maurice retourne au village. Sa mère est seule et les affaires du père pas réglées du tout. Le fils qui reste doit s’en occuper, ce sera long, mais l’occasion de connaître Françoise. Dans ce retour forcé il trouve un prétexte pour animer la vie villageoise. Il s’installe et fonde Espace Noir qui, comme son nom l’indique, renoue avec l’histoire de l’ancienne anarchie : une librairie, une salle de spectacle, une autre pour le cinéma, un bistrot, des débats.
On est en 1986. Peu de temps après, il déménage à Dole, et fonde avec Françoise les éditions Canevas. Le catalogue de cette maison est là pour illustrer inclinations et engagements de Maurice. Il découvre de nouveaux auteurs, publie le témoignage des anarchistes, célèbres ou pas, offre de belles relectures de textes classiques oubliés, Cendrars, Tolstoï. Il se passionne pour Panaït Istrati dont il diffuse les Cahiers. Le Théâtre populaire romand publie chez lui les pièces qu’il monte, de Michel Vinaver à Marivaux. Une fois l’an, l’éditeur réunit ses auteurs vivants qui tous admirent son savoir-faire et reconnaissent la chance qu’ils ont d’être publiés avec un soin particulier. Relecture détaillée, typographie choisie et beau papier.
En 1998, Canevas cesse ses activités, il perd trop d’argent. L’architecte défroqué bricole et reconstruit une fois de plus sa maison. D’abord c’était au centre de Dole, puis il s’installe avec Françoise et son jardin à Frasne-les-Meulières. Ensuite c’est le Gers dès 2003 et de nouveau la Crète, non loin de Spinalonga. Chaque fois qu’il emménage, il s’intéresse à l’endroit et à son histoire. À Saint-Imier, il a redécouvert les épisodes occultés des années 1850 quand un réfugié juif a été défendu par tout le village. À Dole, il a documenté l’histoire de la cathédrale, à Frasne-les-Meulières, celle des croix pattées. Il ne se contente pas de s’installer ou de revenir dans un lieu, il s’en approprie l’histoire, fouille les archives, consulte les anciens auteurs. Quand il voyage, il se documente non seulement sur l’état du lieu, mais aussi sur son histoire, sur ce que d’autres en ont dit. D’où sa passion à ne pas conclure, surtout remarquée à propos des lépreux, mais qui se manifeste aussi quand il s’agit de ses propres idées. De Panaït Istrati, il est passé à Orwell. Ces deux-là s’étaient connus et Maurice hésitait entre eux. Je l’ai entendu dire : Je crois être comme Orwell un anarchiste conservateur. Tous ceux qui ont reçu un courrier de lui savent qu’il les terminait en signant Pacifiquement. Cette horreur de la guerre n’était pas formule, mais conviction.

Au fur et à mesure de ses déménagements, il s’est allégé. Pas seulement des livres de son immense bibliothèque, peut-être aussi de la cohorte de ses admirateurs. Il réduit sa garde-robe, se soucie toujours moins de son apparence de vieux sage. Il disait ne s’être rasé qu’une seule fois dans sa vie sur ordre de sa belle-mère pour son premier mariage. Il ajoute avec un clin d’œil : Je n’y peux rien si Bakounine s’est mis à me ressembler.

Daniel de Roulet, 12.08.2020
 


FONTI:

GB / scheda di D. de Roulet




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