Nota biografica

Errico Malatesta nasce a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) il 4 dicembre 1853 da una famiglia di piccoli commercianti; il padre aveva una fabbrica per la concia del cuoio. La famiglia si trasferisce presto a Napoli, nel 1864. A 14 anni, il 25 marzo 1868, Errico Malatesta viene per la prima volta arrestato. L'ordine di arresto scatta perché una lettera sovversiva "minacciosa e insolente" contro il re Vittorio Emanuele II è stata da lui firmata e inviata a Firenze, allora capitale. Questo arresto, che proseguì poi con un immediato rilascio a causa della sua giovane età, fu il primo di una lunga serie che accompagnò Malatesta durante l'arco di tutta la sua vita, per un totale di più di dieci anni di carcere e 35 anni esatti (quasi metà della sua vita) di esilio.
Si iscrive alla facoltà di medicina di Napoli, senza mai laurearsi. Apprende il mestiere di elettricista meccanico, mestiere al quale ricorrerà per tutta la sua vita nei vari momenti di difficoltà economica. Fin da giovanissimo, seguendo l'esempio del fratello maggiore Aniello, aderisce agli ambienti repubblicani patriottici guidati da Giuseppe Mazzini. Non ancora diciottenne abbraccia l'ideale anarchico che sosterrà per tutta la vita. A questo proposito, Malatesta scrive: "Studiai, e vidi che la repubblica era sempre stata un governo come gli altri o peggio degli altri, e che in repubblica, come in monarchia, v'è miseria, e si mitraglia il popolo quando tenta di scuotere il giogo [...] Guardai i paesi contemporanei e vidi che quelli in cui v'è la repubblica non stanno meglio di quelli in cui v'è la monarchia. In America vi è la repubblica e, con tanta estensione di terra libera, con sovrabbondanza di produzione, v'è della gente che muore di fame; vi è la repubblica e, malgrado la libertà e l'uguaglianza scritte nella costituzione, chi è povero non ha dignità di uomo e la cavalleria disperde a colpi di bastone o di sciabola gli operai che chiedono pane e lavoro. [...] Che dico: in America, come già in Roma e in Grecia, si è visto che la repubblica è compatibile con la schiavitù! V'è repubblica nella Svizzera e v'è miseria, e dominano i preti protestanti e cattolici, e non si può abitare in una città senza il permesso di soggiorno. [...] V'è repubblica in Francia e iniziò la sua vita massacrando 50 mila parigini, e continua infeudandosi ai preti e mandando i suoi soldati dovunque i lavoratori levano il capo, per costringerli a sottomettersi ai padroni e sopportare sommessi la loro miseria. Dunque, mi dissi, la repubblica non è quello che io avevo sognata; dunque, altra è la vaga aspirazione del collegiale, altra, ben altra, la realtà. I miei compagni più vecchi, quelli che io consideravo come miei maestri, dicevano bene che le repubbliche esistenti non eran la vera e che in Italia la repubblica apporterebbe giustizia, libertà, benessere, eguaglianza; ma io sapevo che le stesse cose si dicevano in Francia prima che la repubblica trionfasse; [...] volli vedere chiaro" (50).
Malatesta esce quindi dal movimento repubblicano di Mazzini ed entra nella Internazionale socialista. Presto iniziano le incomprensioni tra l'ala italiana dell'Internazionale e il Consiglio Generale di Londra, marxista, il cuore programmatico del movimento. Le incomprensioni sono sostanzialmente dettate dal differente approccio alla dottrina socialista: autoritario quella marxista, libertario quella italiana. La frattura ufficiale tra le due posizioni avverrà poi al congresso di Rimini nel 1872, dove si romperà definitivamente ogni rapporto con il Consiglio Generale di Londra e dove verrà costituita la "Federazione Italiana dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori"; tra i suoi fondatori troviamo anche Malatesta. In Italia quindi, di fatto, il socialismo nasce essenzialmente anarchico.
Il nuovo movimento cerca di compattarsi, di prendere forma e di costruire una propria identità indipendente e autonoma rispetto al Consiglio Generale di Londra. Sotto questa prospettiva viene organizzato, sempre nel 1872, il "Primo Congresso Internazionale Federalista", ovvero l'espressione anti-autoritaria dell'Internazionale. In questa occasione, su ispirazione dell'organizzatore dell'evento, Michail Bakunin, vengono ufficialmente formulati per la prima volta i princìpi anarchici. Il congresso è organizzato in Svizzera a Saint-Imier, e Malatesta viene invitato come rappresentante della Federazione Operaia Napoletana. Lì incontrerà per la prima volta Bakunin: "Bakunin a Napoli era una specie di mito. [...] a forza di sentirne parlare, Bakunin era per me diventato un personaggio da leggenda; e conoscerlo, avvicinarlo, riscaldarmi al suo fuoco era per me un desiderio ardente, quasi un'ossessione" (51). Malatesta ebbe per tutta la sua vita seri problemi di salute, soprattutto all'apparato respiratorio. Quando per la prima volta in questa occasione incontrò Bakunin, Malatesta a 19 anni era così ammalato che sputava sangue. Arrivò alla casa di Bakunin, a Zurigo, e fu immediatamente messo a letto. Da un ricordo di Malatesta: "Partii dunque per la Svizzera insieme con Cafiero. Io a quell'epoca ero malaticcio, sputavo sangue ed ero giudicato tisico, o giù di lì, tanto più che avevo perduto i genitori, una sorella ed un fratello per malattia di petto. Nel passare il Gottardo di notte (allora non c'era il tunnel e bisognava varcare la montagna nevosa in diligenza) mi ero raffreddato, e giunsi a Zurigo nella casa dove stava Bakunin, di sera, con la tosse e la febbre. Dopo le prime accoglienze, Bakunin mi accomodò un lettuccio, m'invitò, quasi mi forzò, a stendermivi su, mi coprì con tutte le coperte ed i pastrani che potette mettere insieme, mi dette del tè bollente e mi raccomandò di star tranquillo e dormire. E tutto ciò con una premura, una tenerezza materna, che mi andò al cuore. Mentre stavo ravvolto sotto le coperte e tutti credevano che io dormissi, intesi che Bakunin diceva, a bassa voce, delle cose amabili sul mio conto e poi aggiungeva melanconicamente: "Peccato che sia così ammalato; lo perderemo presto, non ne ha per mesi". Io non detti importanza al triste pronostico perché mi pareva impossibile ch'io potessi morire [...]; ma pensai che sarebbe stato quasi un delitto il morire quando vi è tanto da fare per l'umanità, mi sentii felice della stima di quell'uomo, e promisi a me stesso di fare di tutto per meritarla" (52).
Il loro rapporto si intensificherà negli anni attraverso una fitta corrispondenza e vari incontri, anche se poi Malatesta prenderà la sua strada giudicando Bakunin troppo marxista. Ma il rispetto, l'affetto e la profonda stima rimasero sempre fino a scrivere, più di cinquant'anni dopo il loro primo incontro, nel 1926, con Malatesta settantenne: "... eppure il solo pensare a lui riscalda ancora il mio cuore e lo riempie di giovanile entusiasmo. Perché questo fu soprattutto il gran valore di Bakunin: dar la fede, dar la febbre dell'azione e del sacrifizio a tutti quelli che avevano la ventura di avvicinarlo. Egli stesso soleva dire che bisogna avere il diavolo in corpo (le diable au corps); ed egli l'aveva davvero, nel corpo e nello spirito, il Satana ribelle della mitologia, che non conosce dei, non conosce padroni e non si arresta mai nella lotta contro tutto ciò che inceppa il pensiero e l'azione" (53).
Durante il congresso di Saint-Imier viene sottolineata nuovamente la rottura con la parte marxista del movimento dell'Internazionale: si proclamò chiaramente che non la conquista del potere politico, come insisteva il Consiglio Generale di Londra, ma la "distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato". Il congresso di Saint-Imier può essere considerato come l'atto di nascita ufficiale del movimento anarchico.
Nel 1877 Malatesta è tra i principali protagonisti, assieme all'italiano Cafiero e al russo Stepniak, della "Banda del Matese", un gruppo armato composto da una trentina di anarchici che nell'aprile del 1877 tentò di far insorgere i contadini per dare inizio alla rivoluzione sociale. Lo scopo principale consisteva nella "propaganda del fatto", vale a dire nel diffondere i princìpi anarchici con azioni capaci di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e delle masse popolari. Il gruppo si inoltra nei monti dell'Italia centrale, tra Benevento e Campobasso, abolendo in diversi piccoli comuni la tassa sul macinato, sabotando i meccanismi per il suo calcolo, riconsegnando i soldi delle tasse e bruciando gli archivi delle proprietà. Vengono catturati da una massiccia mobilitazione dell'esercito e incarcerati.
Dal 1878 Malatesta inizia il suo continuo viaggiare per sfuggire agli arresti, per intessere nuovi rapporti e per organizzare il movimento anarchico a livello internazionale. È un aspetto, quello del viaggio, che lo accompagnerà per tutta la vita. Partecipa ai movimenti anarchici in Egitto, Siria, Francia, Svizzera, Belgio, Romania, Spagna, Inghilterra, subendo durante questi spostamenti continui arresti ed espulsioni. Nel 1872 torna clandestinamente in Italia, dove fonda il settimanale "La Questione Sociale", la prima seria rivista di anarchia fondata in Italia. Nel 1881 partecipa al "Congresso Rivoluzionario Internazionale" a Londra. Nel 1885, per sfuggire ad una condanna in Italia di tre anni di carcere per "associazione di malfattori", condanna inflitta da un processo dove non vennero ammessi i testi a difesa e dove la sentenza venne basata esclusivamente su informazioni date dalla polizia, si sposta in Argentina. Qui vi rimane per cinque anni nei quali, oltre a dar vita a Buenos Aires alle prime organizzazioni operaie, assieme ad altri compagni tenta la ricerca dell'oro in Patagonia per finanziare l'attività anarchica. Torna in Europa nel 1889, dove durante un soggiorno a Nizza fonda un nuovo giornale, "L'Associazione". Nel 1890 è tra i promotori del congresso anarchico a Capolago, in Svizzera, convocato con lo scopo di far nascere un movimento anarchico organizzato. Prosegue la sua attività di rivoluzionario tra l'Italia, dove grazie ad una amnistia concessagli dal governo italiano può tornare liberamente, e Londra. Ad Ancona, dove si stabilisce, fonda un ulteriore nuovo giornale, "L'Agitazione". Nel 1898, a seguito di alcune sommosse, viene arrestato, accusato di "associazione criminale" e condannato a sei mesi di prigione e a cinque anni di reclusione su un'isola penale. Viene confinato sull'isola di Lampedusa dalla quale fugge nel 1899 rifugiando in Tunisia. Torna di nuovo a Londra, poi Stati Uniti e Cuba. Dal 1900 al 1913 Malatesta rimane a Londra dove si mantiene con piccoli lavori artigianali: meccanico, elettricista, riparatore di biciclette, venditore di gelati. Fonda numerosi giornali, i più importanti dei quali sono "Cause ed effetti" (1900), "L'internazionale" (1900), "La rivoluzione sociale" (1902). Nel 1912, per un caso di diffamazione, viene emessa una sentenza contro Malatesa con la condanna di deportazione e di tre mesi di prigione. Una forte campagna per la sua liberazione da parte della stampa radicale e una dimostrazione di massa in Trafalgar Square ne permettono la sua liberazione.
Tra il 1913 e il 1914, tornato in Italia, contribuisce a sviluppare una grande azione organizzativa e di propaganda che sfocia nel maggior tentativo rivoluzionario avvenuto in Italia dopo la sua unificazione: la settimana rossa, avvenimento nel quale Malatesta e gli anarchici svolgeranno un ruolo di assoluto primo piano, nella sua preparazione e nel suo sviluppo. Gli avvenimenti: il 7 giugno 1914 ad Ancona, mentre la gente sfolla dopo un comizio di Malatesta, la polizia spara; vengono uccisi un anarchico e due repubblicani, quindici i feriti. È l'inizio della settimana rossa. Seguiranno una serie di scioperi generali e di manifestazioni che favoriranno il nascere di comunità autonome e il tentativo di organizzare la società su idee socialiste anti-autoritarie. Gli attriti interni al movimento insurrezionale e la proclamazione della fine dello sciopero generale da parte dei sindacati riformisti favoriranno poi la successiva repressione della polizia con la conseguente restaurazione dell'ordine. Il fallimento del moto insurrezionale e la repressione lo costringono a rifugiarsi nuovamente a Londra. Nel 1914, prima di tornare a Londra, incontra Benito Mussolini, allora direttore del quotidiano socialista "L'Avanti!".
Con l'inizio della prima guerra mondiale Malatesta assieme alla grande maggioranza del movimento anarchico si dichiara non interventista. Una delle poche voci discordanti è quella di Kropotkin, che si dichiara apertamente favorevole all'intervento. Malatesta attacca la posizione assunta da Kropotkin, dichiarando che non si deve "mai imbracciare le armi per i propri padroni ma solo nella lotta per la rivoluzione sociale". Questo episodio sarà uno dei principali motivi di rottura tra i due protagonisti del movimento anarchico.
Nel 1919 Malatesta ritorna in Italia, definitivamente. Sbarca a Genova, dove viene accolto da una folla entusiasta. Contribuisce a fondare e dirige "Umanità Nova", il fondamentale quotidiano anarchico la cui diffusione toccherà punte di 50.000 copie. Promuove l'organizzazione dell'Unione Anarchica Italiana (UAI), con più di trentamila iscritti. È questo il periodo di Malatesta considerato come il più produttivo e significativo per quanto riguarda i suoi scritti e le sue posizioni teoriche.
Nel 1920 a Bologna, in occasione del II° Congresso dell'Unione Anarchica Italiana, Malatesta redige e presenta il Programma anarchico, che viene approvato dal Congresso all'unanimità. Tale documento è ancora oggi considerato la base programmatica delle varie componenti del movimento anarchico italiano. Eccone, in sintesi, i punti salienti:

«1. Abolizione della proprietà privata della terra, delle materie prime e degli strumenti di lavoro, perché nessuno abbia il mezzo di vivere sfruttando il lavoro altrui, e tutti, avendo garantiti i mezzi per produrre e vivere, siano veramente indipendenti e possano associarsi agli altri liberamente, per l'interesse comune e conformemente alle proprie simpatie.
«2. Abolizione del governo e di ogni potere che faccia la legge e la imponga agli altri: quindi abolizione di monarchie, repubbliche, parlamenti, eserciti, polizie, magistratura ed ogni qualsiasi istituzione dotata di mezzi coercitivi.
«3. Organizzazione della vita sociale per opera di libere associazioni e federazioni di produttori e di consumatori, fatte e modificate secondo la volontà dei componenti, guidati dalla scienza e dall'esperienza e liberi da ogni imposizione che non derivi dalle necessità naturali, a cui ognuno, vinto dal sentimento stesso della necessità ineluttabile, volontariamente, si sottomette.
«4. Garantiti i mezzi di vita, di sviluppo, di benessere ai fanciulli, ed a tutti coloro che sono impotenti a provvedere a loro stessi.
«5. Guerra alle religioni ed a tutte le menzogne, anche se si nascondono sotto il manto della scienza. Istruzione scientifica per tutti e fino ai suoi gradi più elevati.
«6. Guerra alle rivalità ed ai pregiudizi patriottici. Abolizione delle frontiere, fratellanza fra tutti i popoli.
«7. Ricostruzione della famiglia, in quel modo che risulterà dalla pratica dell'amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica, da ogni pregiudizio religioso».

Viaggia per l'Italia cercando di unire tutte quelle forze politiche, tra loro anche contrastanti, ma che possano in qualche modo trovare un accordo comune nella lotta all'espansione del fascismo. Il tentativo fallisce, come ovvio, aiutato in questo anche dal nascente partito comunista italiano che tentò, come poi avvenne anche durante la guerra civile spagnola, di distruggere tutte le forze di sinistra a lui non alleate. Nel 1921 la sede milanese di "Umanità Nova" viene devastata dai fascisti e nel 1922, l'anno della marcia su Roma di Mussolini e del suo successivo insediamento al potere, il quotidiano è costretto a chiudere definitivamente.
Nel 1924 fonda e dirige il quindicinale "Pensiero e Volontà", altro giornale fondamentale per lo sviluppo delle idee di Malatesta e dell'anarchismo in generale. Una rivista dal carattere culturale e teorico, nel tentativo di sfuggire alla censura fascista. Ancora oggi risulta essere una delle migliori riviste anarchiche mai pubblicate. Viene chiusa con la forza nel 1926.
Con l'avvento definitivo della dittatura fascista, nel 1925-1926, Malatesta è costretto a subire le limitazioni imposte dal nuovo regime. Trascorrerà gli ultimi sei anni di vita agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Roma, con due poliziotti giorno e notte di guardia fuori dalla porta pronti ad arrestare chiunque andasse a fargli visita. Morirà il 22 luglio 1932, a causa dei problemi bronchiali con i quali ha dovuto confrontarsi per tutta la vita.


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