Questi appunti sono stati scritti mentre era in corso l'invasione dell'Iraq da parte delle truppe angloamericane e risentono quindi della contingenza; tuttavia, le riflessioni risalgono in parte a precedenti confronti sull'argomento, specialmente in occasione del bombardamento della Jugoslavia e dell'invasione dell'Afganistan. Lo scopo dell'argomentazione è di mettere in discussione la necessità della guerra come soluzione a problemi umanitari, dando per scontato la sua inammissibilità per qualsivoglia altro scopo (conquista, petrolio, espansione, colonizzazione, diamanti...). Considerando che si tratta di riflessioni di un anarchico, occorre inoltre procedere a una loro contestualizzazione. Per gli anarchici, le cause di una guerra vanno ricercate, al di là dei motivi economici o, come si dice oggi, geostrategici, in ampia misura nel principio d'autorità. Per principio d'autorità s'intende l'affermazione di rapporti sociali basati sul dominio, sull'ubbidienza, sulla fede nei capi e la sottostima del proprio valore in quanto persona, sulla credenza nell'ineluttabilità delle disuguaglianze sociali, sulla divisione gerarchica del lavoro, sulla delega delle decisioni e delle responsabilità. Il nazionalismo è uno dei corollari di tale principio, in quanto si basa sull'esaltazione della supremazia dei valori della propria nazione rispetto al resto del mondo. Da ciò consegue che un'efficace opposizione alla guerra implica l'abolizione dello Stato e lo smantellamento dell'ideologia della nazione.
D'altra parte, ed ecco la contestualizzazione, l'urgenza di impedire una guerra può non coincidere con una prossima abolizione dello Stato, il che pone il seguente problema: che cosa si può fare concretamente per impedire la guerra senza rafforzare le istituzioni che ne sono all'origine? In altre parole, come mantenere la coerenza tra fini e mezzi? O, più concretamente: che senso ha chiedere l'avvallo delle Nazioni Unite per una guerra quando le stesse Nazioni Unite, a guerra non autorizzata terminata, le danno la loro benedizione, come successo con l'aggressione contro l'Iraq?
In questo senso, le considerazioni che seguono sono tese a evidenziare prospettive al di fuori e contro qualsivoglia struttura d'autorità politica o economica senza però chiudere gli occhi di fronte al fatto che tali strutture sono, eccome, dominanti. Certo, alcuni argomenti trattati possono sembrare banali o scontati, ma, d'altra parte, nulla è più banale e scontato della politica della guerra. Tutte le proposte partono comunque da ciò che ognuno di noi può fare come individuo, sia in prima persona, sia nell'ambito di un gruppo, un movimento, un'associazione o una organizzazione non governativa (ONG) piccole o grandi che siano. Gli Stati sono considerati unicamente come interlocutori passivi, ossia come potenziali strumenti di guerra ai quali noi possiamo, talvolta, imporre scelte diverse mediante una pressione popolare dal basso.