segnalazioni / reviews

il giardino dell'ossigeno

...scampoli di canzoni ulcerati, dolenti, immensamente precari. come continuare a usare una polaroid per fissare immagini e volti con la consapevolezza che a stagliarsi nell'immagine, dopo, sarà l'assenza, non il particolare vivo. è canzone d'autore aspra e per nulla consolatoria quella di stefano giaccone, uno dei pochi nomi "veri" dell'antagonismo musicale libertario. qui giaccone usa un "grado zero" tecnologico per nulla modaiolo, una sorta di epitome dell'unplugged: la chitarra, la voce, "due programmi craccati sul pc, senza microfoni né niente". un demo, praticamente. che ha la forza di mille iperproduzioni spettacolari, e nessun intento di emulare pratiche "lo-fi". giaccone canta quello che vuole, purché ci sia un germe di verità: e qui trovate dylan e vedder, silvio rodriguez e "bella ciao". affiancate alle sue storie senza bugie... [il manifesto]

…stefano giaccone è un uomo tenace e irrequieto. ha una media di quasi un disco all'anno, tra raccolte di canzoni (tre nell'ultimo quinquennio, tutte da avere) e di cover, radiodrammi (il recente “viper songs” realizzato con il commediografo inglese peter brett) e spettacoli teatrali fissati su supporto fisico, ma scrive anche libri e colonne sonore. seguirlo non è sempre facile, se non altro perché alcune sue uscite vedono la luce grazie al lavoro di piccolissime etichette a volte nemmeno distribuite, come nel caso di questo “il giardino dell'ossigeno” pubblicato da stella*nera, marchio legato ad a/rivista anarchica con un catalogo variegato e prezioso – per consultarlo e acquistare (è tutto ad offerta libera) andate sul sito www.anarca-bolo.ch. l'ex franti vi inserisce pezzi autografi ed alcune cover, registrando il tutto “con due programmi craccati sul pc, senza microfoni né niente”, confermando più che un'intenzione lo-fi la vivida ostinazione di una voce che non smette di cantare della propria vita e delle cose del mondo, sulla scia dei grandi folk-singer a cui si ispira (seeger, ochs, dylan). proprio di dylan è una delle riletture (“not dark yet”), insieme a eddie vedder (“no ceiling”, dalla soundtrack di “into the wild”), silvio rodriguez (“sueňo con serpientes”) e addirittura ligabue (un'accorata “l'amore conta”), oltre al tradizionale “bella ciao” ottimamente rivisitato come lo farebbe springsteen in “nebraska”. e da springsteen, così come da dylan e vedder, sembrano discendere gli inediti, purissime ballad folk-rock ridotte per sola acustica ed elettrica saltuaria. “andata via per davvero” è la migliore fra le sette, ma anche le altre si lasciano ascoltare con piacere. tuttavia “il giardino dell'ossigeno” rimane un'opera minoritaria di giaccone, al quale spetterebbe comunque un maggior riconoscimento per quanto fatto nel passato più o meno recente… [sentireascoltare]

...da qualche anno stefano giaccone pubblica, parallelamente ai "dischi ufficiali", una serie di cd-r che sono una via di mezzo tra un demo casalingo e un disco vero. sono cd-r ad offerta libera pubblicati da stella*nera il cui ricavato serve a finanziare a/rivista anarchica. l'ultimo di questi cd è uscito ad aprile. non serve aggiungere molte parole, giusto notare che tra le cover troviamo una bella "not dark yet" di dylan, una poco convincente "no ceiling" di eddie vedder, una scarnificata "l'amore conta" di ligabue che non suona nemmeno troppo estranea al disco. più una manciata di originali, chitarra acustica e voce e poco altro, perché poco altro serve a queste canzoni, ruvide e vere come sempre... [my place to be]

 

corpi sparsi

...la benemerita non-etichetta discografica libertaria curata da marco pandin ripropone in elegante confezione a quaderno con tutti i testi un lavoro fondamentale originariamente uscito nel 1996. "corpi sparsi" era in origine un lavoro teatrale: sulla scena la voce narrante, il sax e il basso di stefano giaccone, e il piano di claudio villiot. un plot infittito di riflessioni amare e sanguigne sulla libertà possibile e le gabbie che ci circondano che era cresciuto, di spettacolo in spettacolo, come una sorta di work in progress. citazioni da bartok, archie shepp, coleman, abdullah ibrahim, dalla musica popolare. è un fiume di parole di raro spessore... [il manifesto]

...chissà se qualcuno degli offlaga discopax ha avuto occasione di vedere, tra il 1995 e il 1997, lo spettacolo di teatro-canzone "corpi sparsi" portato in giro da stefano giaccone (sax, basso e voce, oltre che autore dei testi) e claudio villiot (pianoforte), edito su disco nel '96 da on/off. l'impatto delle narrazioni su fondali musicali, tra amarcord introspettivo ed impegno anarchico, risveglia difatti oggi curiose assonanze, anche se l'austero afflato lirico e il contesto sonoro sono assai differenti. ci si muove qui in notturni climi jazz, con rimandi espliciti a coleman, shepp, bud powell e perfino béla bartok. il canto dell'ex-franti erompe poi nell'intensa "dove" dal repertorio degli ishi, in "the vulture" su versi di samuel beckett così come nell'elegiaco canto popolare "casina sola". un documento che la piccola etichetta di marco pandin ha fortunatamente salvato dall'oblio... [rumore]

...versione di studio dell'omonimo spettacolo-recital replicato tra il 1995 e il 1997. lavoro denso di parole e archetipi antagonisti, ma esistenziale, non di parte, di alto profilo civile. la musica ingloba ornette coleman, shepp, bud powell. alle tastiere claudio villiot, al sax e alla voce stefano giaccone. "dove", figlia della standa degli stormy six, mette i brividi... [blow up]

...stefano giaccone è una presenza tanto discreta quanto imprescindibile della scena musicale nostrana. benché i progetti a cui ha posto mano (environs e howth castle i fondamentali) dopo la fine dei franti siano una mezza dozzina (e una decina gli lp) è questo il primo lavoro che pubblica a proprio nome. e benché, persona di rara coerenza umana ed artistica, mai abbia flirtato con il facile ascolto, questo del lotto è l'album che meno si presta a una fruizione distratta, resa anzi impossibile dai lunghi recitativi. bisogna darsi a questo disco con la stessa intensità con cui esso si dà all'ascoltatore. la ricompensa varrà molte volte il tempo speso. "corpi sparsi" è la registrazione in studio di uno spettacolo teatrale che ha percorso l'italia dall'aprile '95 al marzo '87, un atto unico sviluppato attorno ai testi di giaccone e a una scena sonora disegnata dalla sua voce e dal suo sax e dalle tastiere di claudio villiot, autore di musiche di straordinaria suggestione che si muovono in un perimetro delimitato da citazioni di ornette coleman, archie shepp, bud powell, dollar brand e béla bartok. jazz dunque, in prevalenza, a fare da sfondo a ricordi d'infanzia in "quando sono morto e rinato", riflessioni sul presente in "il futuro ha divorato il mio bambino" e una canzone per rosa parks "l'anarchia è un blues" che è il capolavoro di un album spigoloso, struggente e splendido. si disse dei franti che erano i soli, veri eredi degli area: "corpi sparsi" è l'ennesima conferma di quella tesi... [il mucchio]

 

s/cartoline

...la voce di stefano si stende su uno sfondo fatto di poche note di chitarra e di una minima base elettronica. la manciata di cover è altrettanto eccezionale: giaccone e la sua chitarra rileggono brani dei silos, dei low e di dave alvin, oltre alla già più volte sentita "no man can find the war" capolavoro di tim buckley. nel finale c'è spazio anche per un tradizionale gallese, suonato dal vivo insieme a dylan fowler in una serata torinese passata tra amici. se è onestà artistica e poesia che cercate, andrete sul sicuro... [music club]

...a pochi mesi dall'uscita di "tutto quello che vediamo..." stefano giaccone manda in circolo "s/cartoline", un cd-r al cui interno sono presenti dieci pezzi tra versioni differenti di brani già presenti su altri dischi, cover e pezzi dal vivo. la cosa potrebbe anche non interessare, vista anche la scarsa qualità di buona parte delle incisioni, ma quella che potrebbe essere un punto debole diventa in realtà la forza di questa raccolta: un lavoro deliziosamente a bassa fedeltà, nel quale le versioni minimali delle canzoni già note emozionano nella loro scheletricità, canzoni nude, prive di qualsiasi orpello che dimostrano una forza intima davvero straordinaria. il discorso vale per "punto di fine" e "radici", con la voce di stefano che si stende su uno sfondo fatto di poche note di chitarra e di una minima base elettronica, e vale anche per la bellissima "la vena d'oro", vera e propria poesia per voce e chitarra. la manciata di cover che segue è altrettanto eccezionale: giaccone e la sua chitarra rileggono brani dei silos, dei low e di dave alvin, oltre alla già più volte sentita "no man can find the war", capolavoro di tim buckley. nel finale c'è spazio anche per un tradizionale gallese, suonato dal vivo insieme a dylan fowler in una serata torinese passata tra amici. se è onestà artistica e poesia quello che cercate, andrete sul sicuro... [il cielo su torino]

 


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