il primo giornale rock di mestre-venezia
1982-1984
 

rockgarage era una fanzine (secondo alcuni, un "giornale giovanile"...) nata tra mestre, venezia e marghera verso la fine del 1981 da un gruppo di ragazzi, di amici di quartiere, di ex-compagni di scuola che s’erano rotti i coglioni della monotonia e del grigiore della vita e avevano presuntuosamente voglia di fare qualche cosa di intelligente e di diverso. tra questi c'ero anch'io. non disponendo di denaro, non c'è rimasta scelta che tentare di realizzare i nostri sogni con la fantasia e la creatività. francamente, non avevamo alcuna idea o velleità rivoluzionaria, né avevamo interessi o orientamenti politici simili sebbene vivessimo tutti in una città operaia, più che altro perché non era quello il nostro terreno di confronto. semplicemente un giorno abbiamo avuto quest’idea: facciamo(ci) un giornale.

a tutti noi piaceva la musica, c’era chi suonava, chi amava scrivere, chi amava disegnare. l'età media era venti-ventidue anni, qualcuno più giovane, un paio appena più vecchi. eravamo tutti da tempo nel giro delle radio libere della zona, e forse per questo avevamo una mentalità più aperta -o meglio, una mentalità deviata- rispetto ai nostri coetanei: l’orientamento generico prevalente tra i nostri compagni era quello di sistemarsi (finire gli studi, trovare un lavoro fisso, cercare una fidanzata, accantonare risparmi per metter su famiglia), oppure darsi al misticismo -in chiesa o in india- o isolarsi/scappare. per raggiungere quest'ultimo scopo, senza arrivare alle droghe pesanti, bastava un walkman (rigorosamente una sottomarca, o roba rubata): ascolto le musiche che voglio e affanculo tutto e tutti. non eravamo comunque molto diversi dai tossici: anche noi eravamo poveri, sfigati, emarginati e fuori posto. di diverso forse c’era che avevamo paura dell’eroina (abbiamo tutti avuto un compagno di scuola o di condominio trovato morto una mattina per strada), ed eravamo tutti ben consapevoli della situazione e del livello della merda: la provincia ci stava stretta, ma non avremmo abbandonato quella periferia piccola per andare a ficcarci nel buco del culo di una grande città, a meno che non fosse stata londra, berlino o new york city.

il punk è stato importante perché ha ci ha acceso sotto i piedi la miccia del coraggio: non eravamo certo un collettivo punk (sebbene in città molti ci "leggessero" tali), ma sono passati attraverso il punk alcuni messaggi e atteggiamenti che ritrovavamo come "nostri" e che abbiamo adottato. ad esempio il fatto dell’autogestione, dell’organizzazione dal basso, della non verticalità. l'attitudine rompicoglioni e la "mancanza di rispetto" verso le istituzioni l'avevamo già nelle ossa, visto che si viveva in quartieri di merda e si erano fatte scuole di merda (tutte esperienze che fortificano) e si erano confusi spesso e volentieri giochi da strada e piccolo teppismo. insomma, chi più chi meno ma tutti avevamo attraversato certi anni caldi, qualcuno con una fionda in tasca o un sasso in mano, altri immaginando di imbracciare un fucile invece che una normale chitarra elettrica.

avevamo un forte senso di appartenenza, di branco. facevamo tutto assieme. i nostri inizi sono stati improvvisati e sbilenchi, piccoli concerti precari e feste con ingresso a colletta progettate semplicemente per stare insieme e ascoltare musica. c’erano dei gruppi che venivano a suonare, poi noi mettevamo su dei dischi e dei video. chi voleva ballava, chi voleva stava semplicemente là, chi voleva portava del vino o dell’altro, o da mangiare. erano cose fatte fondamentalmente per stare in compagnia: si scaricavano assieme gli strumenti e si puliva assieme la sala. cercavamo di bastarci: ci stampavamo da soli i volantini, fregavamo le fotocopie al lavoro, a scuola o in qualche ufficio, poi la sera tardi ci si dava all'attacchinaggio selvaggio. diffondevamo cultura in via orizzontale: nessun centro, nessun negozio. rockgarage era venuto fuori proprio da questo orribile "nulla" provinciale: proviamo a fare un giornale per noi perché prima per noi non c’era niente. e con la scusa del giornale, che a una prima occhiata di superficie si presentava esteticamente piuttosto bene e ci dava un minimo di credibilità, siamo riusciti a organizzare concerti, incontri, performance, mostre di fumetti e grafica, rassegne di cinema e video, tutte cose che non c'erano mai state prima e delle quali avevamo tutti un improvviso ed urgente bisogno.

per via delle radio e degli scambi universitari si è venuti presto a contatto con i vari collettivi di bologna, milano, etc. (come pure pordenone), ma tra noi non c’è davvero mai stata collaborazione né, con ogni probabilità, alcuna stima. quelli noi li si guardava con un certo sospetto, preferivamo stare alla larga: avevamo imparato presto che il giro grosso del punk e comunque della musica indipendente era in mano a vere e proprie organizzazioni che di indipendente avevano solo il nome, e a gente di buona famiglia. a milano i punks avevano un posto occupato dove se ne stavano sempre chiusi dentro (c'erano voci che avessero accettato dei soldi dal comune per non rompere i coglioni, si diceva lo stesso anche di quelli di pordenone), a bologna addirittura il giro era in mano a gente ricca che già allora nei primi anni ottanta poteva permettersi personal computer e videocamera, gente che andava a londra ogni due-tre mesi a comprare dischi, spillette e magliette. da noi non c’era un cazzo, soldi praticamente zero, tasche vuote, disperazione: allora abbiamo preso letteralmente tutto da fuori, accontentandoci di fotocopie e di imitazioni, cercando di fare "nostra" questa cultura composita per rivomitarla fuori. così che il "nulla" prendesse consistenza, oltre che il nostro odore.
 
franco raffin (da rockgarage zero/uno)

abbiamo imparato dagli squatters a prendere, pretendere e a usare gli spazi inutilizzati. abbiamo imparato dai nostri padri a rispettare il lavoro ma a temere l'odore della fabbrica. abbiamo imparato a non seguire i fratelli maggiori e a non accontentarci delle briciole della rivoluzione. abbiamo imparato dai punks anarchici inglesi a farci i cazzi nostri senza dire niente a nessuno, e a dipingerci le magliette da soli (erano le più belle e le più economiche).




carlo manera (da rockgarage zero/tre)
il giornale lo facevamo nei ritagli di tempo, tutti studiavamo o lavoravamo e comunque ognuno aveva anche altro da fare. non avevamo una sede: ci trovavamo a volte a casa mia, altre volte a casa di un altro. eravamo in pochi, bastava una stanza, ci ascoltavamo un po’ di dischi, qualche canna, e sognavamo di far scoppiare una rivoluzione (...a vent'anni si può), o almeno di immaginarne la colonna sonora. per fare il primo numero del giornale ci siamo autotassati: chi aveva un lavoro ha messo qualche risparmio personale, abbiamo fatto una colletta con una festa/concerto alla biblioteca di oriago e s'è raccolto un tot di soldi anche raccogliendo ferrivecchi, bottiglie da riciclare e carta straccia. dopo una via crucis di disperazione e richieste negate di sconti e rateazioni siamo finiti in una tipografia a marghera: siamo riusciti a impietosire il tipografo e alla fine abbiamo stampato il primo numero. tremila copie. a qualcuno di noi sembrava un’esagerazione, qualcun'altro era convinto che sarebbero rimaste invendute per degli anni, ma non si poteva non rischiare: eravamo ossessionati dall’idea che bisognava fare qualcosa, non volevamo morire in fabbrica, o finire a bere in un bar fino a non poterne più, o in un parco con una siringa piantata nel braccio. nel primo numero ci abbiamo ficcato dentro tutto quello che ci sarebbe piaciuto leggere: il primo numero di rockgarage è stato infatti una grande colossale enorme sega collettiva. il secondo era già qualcosa di più personale, il terzo era ancora più caratterizzato. parlando onestamente, direi che non abbiamo saputo inventare nulla: solo alcuni riescono a fare delle cose nuove, diverse, originali, personali. noi no. noi eravamo gente semplice: ascoltavamo e leggevamo di tutto, macinavamo tutto e inghiottevamo tutto. ci incuriosiva tutto. ci stupivamo di tutto.

rockgarage costava mille lire, un prezzo vergognoso più che simbolico, ma andavano bene anche cinquecento lire. a chi non poteva pagare neanche questo regalavamo il giornale comunque: a noi interessava diffonderlo, farci leggere, farci sentire. rockgarage lo davamo via ai concerti, davanti alle scuole, per strada, per corrispondenza. non avevamo una rete organizzata di distribuzione, né degli intermediari. nessuno di noi si voleva arricchire, ci bastava rientrare dalle spese. siamo rimasti ai margini, o sotto a questi e soprattutto fuori da questi perché tutto quello che facevamo risultava essere non commerciabile secondo gli standard di mercato. nessuno di noi allora aveva mai seriamente pensato a fare delle cose per venderle. invece, rockgarage funzionava: con grande sorpresa di tutti sono rientrati presto i soldi che avevamo anticipato e ne sono stati raccolti degli altri. appena possibile abbiamo fatto uscire un altro numero, e poi un altro ancora.
ci siamo ritrovati in breve con quello che per noi era un sacco di soldi. che ne facciamo? la risposta era sotto i nostri occhi, anzi dentro alle nostre orecchie: c’erano dei musicisti tra noi, abbiamo pensato allora di allegare a rockgarage un disco con dentro le nostre canzoni. ispirati con ogni probabilità dalla precarietà a noi familiare di raccolte come "bullshit detector" dei crass, abbiamo coinvolto amici nostri di mestre e gente da spinea, da murano e un gruppo di marostica con cui avevamo fatto amicizia ai concerti. un disco con le nostre canzoni, finalmente. pensato, fatto, stampato tutto da noi (ci ha aiutato tecnicamente giampiero bigazzi della materiali sonori di s. giovanni valdarno). abbiamo stampato solo mille copie del giornale col disco perché non avevamo abbastanza soldi né abbastanza coraggio per stampare tremila dischi. e ancora, tutto diffuso/venduto di corsa. e ancora, siamo riusciti a pagare tutte le spese e a raccogliere altri soldi. abbiamo fatto un altro disco, e poi un terzo. col tempo abbiamo poi anche collaborato con gruppi di altre città (i detonazione da udine, i franti a torino) e co-prodotto insieme dischi e cassette.

troppo bello per durare: un giorno abbiamo provato a volare, ma ci siamo ritrovati improvvisamente col culo a terra e le ossa rotte. ci siamo fidati di un centro di distribuzione indipendente che ci ha promesso una diffusione a livello nazionale: abbiamo consegnato l’intera tiratura del nostro ultimo numero (con un intero lp: cinque gruppi veneti, uno friulano, uno da milano, uno da cagliari e uno da firenze). tutto venduto in breve, ma… ci è stata restituita una montagna di bugie, ma non un soldo. ancora oggi, dopo più di vent'anni, non so ancora raccontare il senso di disperazione, il rumore assordante del tradimento di gente che fino a poco prima ti era stata amica. avevamo praticamente pronto il numero successivo, a cui stavamo concordando di allegare un disco dei litfiba e uno split ep con un gruppo di s. donà di piave (davai'ciass) e uno di salerno (spleen fix). niente da fare, non c'era più un soldo in cassa. siamo rimasti letteralmente inchiodati, tutti. io bene o male avevo un lavoro, ma a rockgarage collaboravano studenti e disoccupati, e un paio di noi magari vedevano nel giornale una mezza speranza di lavoro: invece che aumentare ogni volta le pagine e allegare due dischi avremmo potuto far uscire un formato standard e ritagliare un po' di paga. rockgarage poteva essere una buona occasione di lavoro per almeno un paio di noi che sarebbero stati in grado di mandare avanti una redazione. quando mi sono reso conto dello sbaglio, comunque troppo tardi, ho abbandonato tutto.

ho praticamente perso i contatti con tanti dei miei vecchi compagni di rockgarage. con qualcuno ci si sente, ci si vede ogni tanto, comunque molto raramente. c'è comunque la sensazione forte di essere stati dentro a qualcosa di importante, di essere passati in mezzo a qualcosa che rimbomba ancora. non c'era mai stato niente di simile prima, peccato non ci sia stato niente di simile neanche dopo. ho saputo che c’è qualcuno alle fiere del vinile che vende i nostri vecchi dischi a prezzi spaventosi: se trovate in giro vecchie copie di rockgarage in vendita rubatele, danneggiatele, fatele a pezzi, bruciatele. se si lamentano, ditegli che ve l'ho chiesto io: rockgarage non era e non è cibo per collezionisti. (marco pandin)

 



in tanti hanno cantato, suonato, scritto, delirato, fumato, mangiato, bevuto e fatto casino con rockgarage.
voglio ricordare qui marco "winnipeg" bianchi (death in venice) con cui abbiamo condiviso rumori, sogni e frustrazioni, che se n'é andato troppo presto e troppo male.

ricordo anche francesco "ciuke" casucci dei primi pitura freska. era nato alla rana (un quartiere povero praticamente davanti ai cancelli del petrolchimico) e portava addosso i segni dell'emarginazione. era consapevole e fiero di questo. insegnava la chitarra ai ragazzini.
 

 

...prima di tutto devo dire che sono molto colpito dal fatto che questa serata sia bene o male collegabile a un incontro fatto prima. cioè che venga presentata come "la seconda parte" di un incontro con altre persone che hanno già parlato di altre cose di musica successe in città. quelle persone hanno parlato offrendo il punto di vista istituzionale, onestamente non so di che cosa possano avervi parlato nonostante io abbia abitato a mestre fino a quindici anni fa. certo, ci sono molte cose che sono state organizzate in città. sono cose però che sono facilissime da fare: basta avere dei soldi. se si hanno dei soldi si può chiamare qualsiasi musicista bravissimo dall’altra parte del mondo che venga a fare il seminario anche nel salotto a casa nostra. basta pagare. le premesse di questo incontro, del libro che ho scritto e anche della mia vita partono da presupposti e da prospettive completamente diversi. fare musica e cultura dal basso perché non c’è altro da fare: l’alternativa è la passeggiata a vuoto in piazza, l’alternativa è la droga, l’alternativa è non fare niente. ecco perché io e quelli come me abbiamo cominciato a fare musica e fanzine, ecco che abbiamo cominciato a ritrovarci tra persone che vivevano questo disagio a livello personale, ed abbiamo cominciato a viverlo in gruppo. o si piangeva tutti assieme o si faceva dell’altro: e questo è stato fare dell’altro. abbiamo provato a fare delle cose tipo giornaletti e concerti, a trasmettere in radio, a organizzarci con piccoli gruppi musicali e senza avere nessun tipo di aiuto perché un aiuto noi non lo abbiamo mai chiesto. non ci è neanche passato per la testa perché non ci interessava confrontarci con quelle persone di cui s’è appena parlato, con quelle istituzioni. quindi ci siamo fatti da soli i nostri giornaletti, i nostri libri e i nostri dischi senza chiedere un soldo a nessuno ma facendo collette tra di noi, e questa è la cosa secondo me più importante: sono tutte cose partite dal basso senza aver avuto bisogno del comune o dell’assessore o del padrone perché non si voleva che oltre a schiacciarci tutto il giorno a casa, a scuola e in fabbrica venissero a schiacciarci anche quando ci facevamo i cazzi nostri suonando in garage. sono fiero della mia indipendenza e della mia diversità da quei signori che sono venuti qui a parlare prima di me. il fatto che io possa essere presentato come una loro specie di coda mi fa incazzare (...) dov’erano vent’anni fa i signori che sono venuti qui a parlare la volta scorsa? dov’erano, quando andavamo ad elemosinare gli spazi? abbiamo fatto anche dei concerti sui marciapiedi, perché non avevamo un posto. adesso fanno le conferenze per spiegare quanto sono stati bravi ad organizzare le rassegne di blues e di jazz con i nostri soldi. ricordate? con i soldi si fa tutto. è venuto dizzy gillespie? bene, lo abbiamo pagato anche tu ed io. è venuto enrico rava a fare il seminario? benissimo, lo abbiamo pagato anche noi. a spinea un collettivo di ragazzi ha organizzato tutto da solo un seminario con amy denio, una musicista americana bravissima che ho conosciuto quindici anni fa in francia. amy tra qualche giorno sarà ospite a casa mia perché sono riuscito a organizzare un suo concerto ad abano. ecco una differenza: per noi i rapporti con i musicisti continuano. una volta che il comune o l’assessore organizzano il concerto o il seminario, pagano e poi è tutto finito. il musicista se ne va via, enrico rava va via, dizzy gillespie torna a casa e buonanotte. tutto finito. noi cerchiamo di riportare tutto ad una dimensione umana. riportiamo tutto a me e a te... [marco pandin, esordio all'incontro pubblico organizzato presso il municipio di mestre dall'associazione storiamestre per la presentazione di "nel cuore della bestia", 9 novembre 2001]

non è mai esistita nella zona di venezia, prima di rockgarage, un'iniziativa/stampa che fosse così particolarmente diretta ad una fascia sociale giovanile. ci siamo mossi, come giornale assolutamente autofinanziato e indipendente, in un terreno nuovo lasciato completamente scoperto dalle varie iniziative di colonizzazione culturale. nessuno di noi aveva mai scritto degli articoli per un giornale. nessuno aveva mai avuto una benché minima esperienza di redazione. ci interessava comunque scrivere delle nostre cose, parlare dei nostri scazzi e della nostra cultura. a febbraio 1982 il numero zero, particolarmente duro e intransigente, diverso dal soliti giornali musicali o "per giovani" anche per la forma, le scelte e il linguaggio incazzato. rockgarage è scritto da gente giovane per essere letto da altra gente giovane. un giornale per il quale non è valido il solito rapporto giornalista/lettore o scrittore/fruitore a senso unico, ma funziona uno scambio di informazioni su piani paralleli. la redazione è un punto di raccolta/proposta di materiali. il giornale è uno strumento per far conoscere la propria voce. rockgarage è l'unico mezzo che hanno i giovani disegnatori e grafici e le rock bands locali per farsi conoscere come realmente sono. rockgarage è punto d'incontro e diffusione delle diverse correnti di produzione culturale sotterranea veneta e veneziana in particolare. come nostra prima iniziativa, in collaborazione con il consiglio di quartiere piave nel mese di marzo 1982 abbiamo organizzato una serie di quattro serate al cinema dante di mestre con tredici rock bands veneziane in concerto, ciascuna serata sold out. per la grafica: [nei primi due numeri] abbiamo dedicato complessivamente 17 pagine a fumetti di produzione locale più molte fotografie e disegni che abbiamo utilizzato per i nostri documenti e manifesti. rockgarage è riuscito ad arrivare nelle scuole, in piazza, in periferia, nelle case e nella testa di moltissima della gente che [altre] e diverse iniziative culturali non sono riuscite a coinvolgere se non in maniera superficiale. un giornale che si propone particolarmente a quella fascia sociale che sono i giovani veneziani/veneti, un "pubblico" che conosciamo bene perché anche noi ne facciamo parte, in prima persona... [ritagli da un volantino del 1982]


franco raffin (da rockgarage zero)

ma come? in un momento di crisi come questo, con l'inflazione, con tutti i casini che ci sono, c'è qualcuno che si prende la briga di fare un giornale "rock" qui a venezia? siamo impazziti? in una citta' finora incontaminata (ma non parliamo dei fumi della odorosa marghera...) una manciata di rockers sfida il vecchio leone ed i turisti tedeski. un travestimento musicale per dei terroristi? no, semplicemente rockgarage: quaranta pagine di parole, disegni, idee, impressioni e perché no speranze. rockgarage vuol riempire il vuoto che esiste tra il solito gazzettino (che pubblica settimanalmente un paginone musicale che somiglia a un immondezzaio) e i bollettini laconici del comune, che qualche volta "si inventa" le nostre esigenze su esempio di quelle dei turisti e dei padroni. questo numero zero è un po' un assaggio di quello che vogliamo fare. dunque se pensate che stiamo muovendoci nella direzione giusta dateci una mano e fatevi vivi. se invece pensate che rockgarage è una merda e non dovremmo continuare, bene lo stesso: tornate a leggere i vostri gazzettini e andate a cagare... [dalla presentazione del numero zero]

poche parole soltanto per farvi capire forse meglio il senso di questo nuovo rockgarage col disco. dunque, si tratta del primo tentativo che facciamo col giornale per far conoscere anche "fisicamente" la produzione rock della nostra zona. per noi è un momento molto importante (stiamo parlando anche di soldi, cazzo!) e siamo sicuri che oltre a qualche problema questo giornale e questo disco ci daranno delle soddisfazioni. quindi, ascoltate il disco, fatelo girare tra gli amici, ascoltatelo in tanti. passando ai dettagli tecnici la "rockgarage compilation" è una selezione che abbiamo fatto tra i numerosi nastri che altrettante bande della zona (e non solo) ci hanno fatto pervenire. quattro gruppi per incominciare, ciascuno di essi ha autoprodotto le proprie registrazioni in maniera assolutamente autonoma dal giornale e ha preparato la documentazione che abbiamo stampato sulla copertina. infine wops, modern model, plastic host e ruins hanno collaborato economicamente alla realizzazione del disco e della copertina. datevi da fare anche voi: se suonate (non importa il genere, basta che sia roba vostra) e se la cosa vi interessa fatevi vivi... [dall'editoriale del numero zero/due]

...i mind invaders non sono mai esistiti come gruppo musicale, e in ogni caso si sono sciolti prima dell'uscita di "bootleg". non hanno mai prodotto nient'altro che la loro stessa immagine. l'immagine di personaggi senza volto, senza prodotti musicali, senza niente insomma. non hanno mai fatto un concerto né hanno fatto dischi. "stealnak" e "individual therapy" riproducono soltanto il fruscio del nastro magnetico trasportato sul vinile. il vuoto, il nulla: per i ritardati d'orecchi che si ostinano a prendere certe cose come "proposte musicali" e giudicarle in tal senso. molte locandine, manifesti, quotidiani, e riviste testimoniano di concerti che peraltro non sono mai avvenuti, molti si fanno incantare dalla carta stampata e giudicano i prodotti musicali in base alle recensioni o alla quantità di articoli. gaznevada non è il "miglior gruppo in assoluto", è soltanto quello che nell'ambito della scena underground ha avuto più possibilità di esprimersi. per loro stessa ammissione (un pezzo del loro lp si chiama "pordenone ufo attack") considerano i gruppi e la realtà di pordenone come esempio e stimolo. scusate le imprecisioni ma il succo è questo. c'è da dire che l'articolo "made in italy" è abbastanza informato però pecca di presunzione e spara cazzate. potrei soffermarmi sulla completa assenza di valutazione sulla qualità musicale dell'lp del grat complotto, sostituite da considerazioni personali ed estranee dal contesto. giudicare un disco dalle cazzate (?) di miss xox mi sembra un'ulteriore cazzata. e adesso, mi permetto io qualche opinione: "samples only" sono soltanto rifritture maldigerite e in ritardo, eno/byrne con innumerevoli altri riferimenti, per parlare delle cose che mi sono piaciute di più. il resto è cosa dell'altro secolo. nell'insieme il disco, compreso il 45, si dimentica facilmente. oops, scusate se offendo i vostri paisà... perché rockgarage? la maggior parte dei vostri articoli parla di persone che nel garage ci va soltanto per parcheggiare la macchina. rock? proprio nel momento in cui eno, byrne ma non soltanto loro parlano di contaminazioni tra i generi etc. il primo giornale rock di mestre e venezia? e perché non l'ultimo a livello nazionale? che senso ha riproporre cose già viste, rilette e risentite nei mass media di grossa cilindrata? certo, è più facile e forse fa vendere di più e subito, però io credo bisognerebbe dare più spazio alle proposte italiane. e bisogna avere anche il coraggio di cominciare, oppure cominciare a mangiarsi la coda. i gruppi italiani non sanno suonare, la stampa non ne parla (anche voi, sia pure con tremila copie, siete la stampa, e non venite a menarmela con le tre pagine tre su quaranta), l'industria è altrove... i musicisti ci provano, insistono, non hanno riscontri e poi smettono e anche se continuano e migliorano nessuno se ne occupa. i fruitori non trovano le notizie, leggono meraviglie sulle star d'oltremare e il serpente continua a mangiarsi la coda... [lettera di chris lutman, pubblicata sul numero zero/uno]

quello che mi è sembrato assurdo, oltre che un po' triste, è che ci sia stata gente che ha letteralmente vivisezionato il rockgarage numero zero. parola dopo parola, virgola dopo virgola, disegno dopo disegno alla ricerca della disinformazione, della non-informazione, della falsa informazione. le parole di rockgarage utilizzate come metro della propria angoscia, l'ansia frenetica di trovare uno specchio della propria "ragione" nella conferma del nostro dilettantismo. non abbiamo mai preteso di essere la brutta copia di rockerilla o del mucchio selvaggio: lavoriamo su piani diversi, con diversi progetti e propositi, con differenti mezzi economici. "io ne so di più" oppure "io lo so meglio" non servono se ognuno tiene le proprie cose per sé. così per equivoci banalissimi (i freak brothers di gilbert shelton attribuiti a robert crumb per una didascalia male interpretata, poi "anarchici" scambiati per "progressisti" etc.) come per i refusi tipografici (il primo single dei crass è "reality asylum" etc.): la caccia all'errore e alla cancellatura, la soddisfazione di ghignare un "questi stronzi non sanno un cazzo!". come guardare dalla finestra, e fermarsi al vetro. per quel che mi riguarda, i cock invaders come te possono anche permettersi di spendere milioni per buttar su riviste, giornali e dischi come gli pare e quando gli tira. molto diverso da quei quattro sfigati che siamo noi, sempre bisognosi di qualche invasore del cazzo che ci venga a dire cosa fare e come farla. molto diverso da tutti i soldi che avete preso dal comune di pordenone e da quegli stronzi dei vostri genitori perché non rompiate i coglioni con la politica e andiate a scuola a studiare per poi uscire con un bel 60/60 e andare a lavorare zitti e buoni alla zanussi. contenti voi. in quanto a noi, se decidiamo di scrivere di jello biafra, di eno e dei ruins invece che del shit complotto, sono tutti cazzi nostri e basta. [risposta di marco pandin, pubblicata sul numero zero/uno]


azimut (da rockgarage zero/tre)
mi si dice: "una fanzine indipendente come rockgarage dovrebbe sparare a zero contro le multinazionali del disco e propagandare soltanto le produzioni alternative". a detta di qualche lettore è stata una stronzata parlare nel numero scorso di "nebraska" (label cbs = amerikani = imperialisti) a poche pagine di distanza dai bauhaus (label beggars banquet, abbastanza alternativa) e dirt e snipers (label crass, il massimo dell'alternativa discografica). non credo che le idee siano detersivi e l'alternativa più alternativa dell'alternativa è roba buona solo per i caroselli televisivi. le recensioni, gli articoli, le segnalazioni di questo giornale sono rivolte a far conoscere anche l'esistenza di una produzione particolare e minore, bootleg e autoproduzioni comprese. se è più comodo da capire, ci interessa dare spazio a cose che ci piacciono e ci interessano (e anche a cose che non ci piacciono) ma senza per questo metterci troppi falsi problemi. non mi va di scrivere e parlare di argomenti che non mi stimolano direttamente, non voglio barare con me stesso e con chi legge le cose che scrivo. [e invece] purtroppo c'e' sempre qualcuno che si sente in grado di spiegarmi come-avrei-dovuto-fare e come-invece-ho-fatto. "è una contraddizione amare la musica dei crass, proporre le traduzioni dei loro testi e poi comprare dischi di gruppi del cazzo come simple minds e clash, così reazionari e bugiardi": così mi dice un amico, con in mano le radiografie dei miei acquisti. dice che mi devo decidere: o da una parte, o dall'altra. o i poison girls o i simple minds, o i wops o i ruins. che delusione. neanche tra noi è permesso rompere gli schemi, non è permesso sorpassarli. non si può non rientrare nel sistema di pensiero che è stabilito dagli altri. o "venduti" oppure "alternativi": guai a non mettersi bene a fuoco nel mirino di chi ti legge, guai a non dichiararsi. definizioni, etichette, ruoli e regole da rispettare, incasellamenti. la musica, i dischi: sono dei pretesti. la realtà è più sottile. [commento alle recensioni, dal numero zero/tre]

il tempo passa inesorabile sui nostri sogni e su quelli altrui, sui buoni propositi regolarmente irrealizzati, sulle idee nebulose o chiare che siano tanto i risultati non cambiano. eppure questo, a detta di molti, sarà l'inverno più duro, freddo e nebbioso rispetto a quelli che l'hanno preceduto per quanto riguarda l'ambiente musicale (anzi, il sottoambiente sottomusicale) veneziano. certo non c'è da stare allegri, e in sostanza il 1983 è stato un anno che come sempre ha definito il niente che fa parte di questo territorio ormai bucato: e non basta più dire che "rien va" unicamente per mancanza di spazi (non solo fisici). ormai la malattia è irreversibile. "zombies di tutto il mondo unitevi" diceva manfredi, ma gli zombies pur muovendosi non si interessano più di tanto al resto. tanto, quando si è morti sogni e fantasia restano chiusi fuori della porta. sandro pizzin dei ruins mi fa: "questo inverno per molti sarà un giro di boa, molti molleranno perché siamo ormai arrivati ad un punto di saturazione". ottimo! e tutto alla fin fine quadra. io sono stanco, tu sei stanco, egli è stanco, e così via. e ormai alla domanda: "ma ne vale la pena? ma a cosa serve fare qualcosa se poi non serve a niente, neanche a chi la fa?" non esiste più risposta. o forse ci si abitua anche a non averla o a non averle. e poi, resta sempre il mito della grande città. tutti seduti a sognare, sospirando, milano, bologna, roma perché sembra che solo lì la musica (in sostanza la vita) imperversi e furoreggi, e che ci si diverta come pazzi, fino alle lacrime. qui facciamo parte della grande provincia italiana col bar sport o il caffè mokambo (provate a contarli in tutta italia) o il viale s. marco al posto della via emilia. e poi... la grossa unione ed affiatamento dell'ambiente musicale: lui è stronzo, egli lo stesso, l'altro fa blues, io faccio rock, solo dark prego, l'altro non da affidamento, loro fanno le stesse cose da una vita, io invece mi dichiaro professionista, e beviamoci tutti insieme uno spritz. dicono che l'alcool accomuni: coesione di intenti e di interessi! e su questo una volta ogni tanto imperversano i predoni che con una pipa di tabacco comprano tutto. rien ne va plus, e facciamo una bella tombolata o meglio una roulette russa corale alla de niro, una benda ed un colpo in testa tanto per fare qualcosa insieme, una volta tanto. prendiamo coscienza allora di questo vuoto, non solo mio o nostro, ma soprattutto esterno. sarà un lungo inverno e forse, e sarebbe ancora più grave, assolutamente normale, come ogni giorno, in un ambiente giovanil-musicale cristallizzato, dove nessuno avrà la voglia di fare un qualche tentativo di cambiamento, vendendo magari i propri strumenti e mettendosi a fare il rappresentante o l'idraulico, mestieri che almeno qualche soddisfazione la danno. spegnere le radio, gli amplificatori, qualsiasi proposta di rassegna e nel silenzio più assoluto proviamo a sentire se dentro ognuno di noi è restata ancora un po' di musicalità, d'amore, di fantasia. solo così l'inverno dello scontento potrebbe servire a qualcosa. magari a sentire l'erba che cresce. [intervento di jacopo terenzio, dal numero zero/quattro]


ciaci el kinder (da rockgarage zero/due)
questo è il primo album-compilation curato da rockgarage. non è però il primo disco che curiamo, e infatti sulla copertina c'è scritto "volume 4"; nonostante il maggiore formato ed il conseguente maggiore impegno, non abbiamo voluto che fosse "diverso" dai precedenti volumi della nostra raccolta. il risultato ci sembra complessivamente abbastanza buono: non ci sembrerebbe giusto, comunque, affermare che questo disco raccoglie quello che noi intendiamo per "il meglio" del nuovo rock nazionale. a differenza delle numerose altre compilation, che dichiarano sempre (e spesso con un po’ di presunzione) questa loro tendenza, la nostra non è stata concepita né organizzata secondo criteri logici, commerciali o concettuali. dentro ai solchi, noi vorremmo trovaste solo parole e musiche scritte e suonate da alcune delle persone con le quali abbiamo allacciato buoni rapporti di amicizia, col "pretesto" del nostro giornale e della loro attività artistica e musicale. questo è un disco confuso, composito, che raccoglie materiali strani e diversissimi. ci sono gruppi conosciuti anche all'estero, altri che sono riusciti soltanto ad arrivare nei dintorni della propria città. ci sono gruppi che hanno deciso di cantare in italiano, altri in inglese, altri ancora in una lingua inventata apposta. è questa una caratteristica che ha sempre contraddistinto i nostri "prodotti": collaborazione e partecipazione da una parte, contraddizioni e disordine dall'altra. poco o niente ci è importato se, ad esempio, wops e ruins (come changeling e death in venice, degada saf e funkwagen, diaframma e go-karts, etc.) si sono trovati fisicamente vicini nei nostri dischi, sebbene così distanti gli uni dagli altri come proposte, orientamenti, personalità ed intenzioni. l'importante per rockgarage non è mai stato il realizzare dei dischi che "vendessero" quanto il costruire una via di comunicazione, indipendente perché nostra, completamente tracciata al di fuori dei circuiti commerciali tradizionali e non e (perché no?) al di fuori del nuovo giro pseudo-alternativo. una via di comunicazione fondata su interessi comuni e scambi reciproci, piuttosto che su rapporti economici, speculazioni e conflittualità, che non tiene conto dei "generi" e delle etichette pretestuose. un'occasione che ha consentito finora ad alcuni gruppi di presentarsi per quello che realmente sono, conservando intatta la loro personalità ed individualità. non c'è mai stato nessun intervento a nessun livello da parte nostra per quel che riguarda la produzione dei brani che sono stati pubblicati sui nostri dischi. ciascun gruppo ha autoprodotto le proprie registrazioni in maniera assolutamente autonoma dal giornale, consegnando alla redazione dei nastri realizzati con i mezzi che aveva a disposizione. per questo, come per gli altri volumi della rockgarage compilation, le registrazioni sono state effettuate in maniere diversissime: dalla piastra a cassette da duecentomila lire con due microfoni, in diretta, al 24 tracce iperprofessionale, con ore di elaborazione ed overdubs. in alcuni casi, abbiamo partecipato alle spese della registrazione, in altri abbiamo chiesto un aiuto finanziario ai gruppi per pagare le prime rate. questi dischi, questi nostri giornali, allora, vogliono essere un qualche cosa di realmente diverso dalla semplice plastica, dalla comune carta stampata. qualche cosa di più, precisamente: un pretesto per far circolare delle idee, un'occasione per far fare un po' di movimento alle onde sonore e alle onde mentali. prigioniere entrambe: le une chiuse entro le mura di cantine trasformate con la fantasia negli studi più attrezzati, le altre chiuse tra i muri, invisibili ma più difficili da abbattere, dell'insensibilità, del pregiudizio, della derisione, dell'indifferenza... [dall'editoriale del numero zero/cinque]

 

numero zero [febbraio/marzo 1982]

editoriale / interventi: rock italiano (panorama sulle cose musicali del dopo '77 in italia), john lennon '81 (considerazioni e commenti sulle proposte "culturali" e "non culturali" del comune di venezia) / musica: mamabarley, brian eno, bob seger, punk california / interviste: john martyn / testi tradotti: dead kennedys, crass, neil young / recensioni: jon hassell, david byrne, jerry anderson, tom tom club, clash, new order / inserto: london calling (guida alternativa di londra 1) / grafica: franco raffin "mi piace vivere in città", franco raffin "decadi", loris muner "silly asses", gilbert shelton "freak brothers"
   
numero zero/uno [luglio/agosto 1982]

editoriale / posta / interventi: la vita in rock, european cowboys, musica irlandese / musica: death in venice, wops, matita emostatica, modern model, plastic host, ruins, controluce, ry cooder / interviste: gaznevada, jo squillo, roberto ellero / testi tradotti: poison girls / recensioni: frank zappa, stiff little fingers, new order, xtc, mink de ville, brian eno, john cougar, fun boy three / inserto: london calling (guida alternativa di londra 2) / grafica: loris muner "venice carnival", lobotomia comix "lama di rasoio", franco raffin "musica non sentita"
   
numero zero/due [gennaio 1983]

editoriale / interventi: i circoli culturali di mestre e venezia, invasori spaziali, rassegna videorock, compra o muori / musica: not moving, chelsea hotel, steel crown, urbanoide, diaframma, ruins, go-karts, luna incostante, endless nostalgia, baker street band, surprize, mr. andrew, lightshine, de novo, qfwfq, gathered, punkaminazione, eu's arse, zipp, antisbarco, stalag 17, raf punk, bacteria, anna falkss, roir, maurizio angeletti / testi tradotti: snipers, dirt, deformed, crass, pseudo-sadists, bauhaus / recensioni: devo, psychedelic furs, simple minds, peter gabriel, gaznevada, consat angels, bruce springsteen, little steven, neil young / inserto: london calling (guida alternativa di londra 3) / grafica: franco raffin "uomoanimale", massimo "azimut" cerruti, lobotomia comix "le avventure di johnny", franco raffin "gommabruciata"
   
rockgarage compilation #1 7" ep [allegato a rockgarage zero/due]

plastic host "notte inquisitoria" / modern model "ice factory on strike", "(the) days on" / wops "bloody welfare", "politics" / ruins "i don't know" (pubblicato in collaborazione con materiali sonori)

...una caratteristica di rockgarage: dare la possibilità a tutti indistintamente di poter usufruire del disco come mezzo di comunicazione... [rockerilla]
   
numero zero/tre [maggio-giugno 1983]

editoriale / interventi: il video e lo schermo, fanzine / musica: tuxedomoon, les disques de crepuscule, vortex, tati's lovers, diaframma, napolirock, punk attack II, i-riot, c. b. a. / testi tradotti: zero boys, bad brains, millions of dead cops, toxic reasons, virgin prunes / interviste: echo and the bunnymen, charlie'n'brooks, the sound, gaznevada, igor vidmar / recensioni: nico, prince charles and the city beat band, glenn branca, hi sheriffs of blue, young marble giants, the gist, weekend, the mob, flux of pink indians, television, new order / grafica: massimo "azimut" cerruti, lobotomia comix "voyeurs", rosa anglani "topolix", cimanera, giorgio carpinteri, igort
   
rockgarage compilation #2 7" ep [allegato a rockgarage zero/tre]

frigidaire tango "dazed life" (live) / death in venice "east" / changeling "i am an open sea" (pubblicato in collaborazione con materiali sonori)
   
merda [allegato a rockgarage zero/tre] (pubblicato in collaborazione con idea laboratorio / franco raffin nervous design)
   
numero zero/quattro [dicembre 1983]

editoriale / interventi: biennale musica 1983, l'inverno del nostro scontento, meeting "i love you, fuck you", punk italiano, giorgio bertin "spasmoplus", fanzine, fanzine usa / musica: jon hassell, fred frith, spirocheta pergoli, camerabanda, degada saf, mono, london 77, noisenoisenoise pn, savage circle, plasticost, st. anthony's fire, comunicazioni a distanza, cruel bolero, trax anthems, wops, litfiba / testi tradotti: siouxsie and the banshees, glove / interviste: raf punk, frigidaire tango, charlie mendoza, chris and cosey / recensioni: this mortal coil, x, malaria, mc5, eyeless in gaza, p.i.l., indoor life, throbbing gristle, fra lippo lippi, london symphony orchestra, lounge lizards, michael nyman, anthrax, mecano / inserto: guida alternativa di berlino / grafica: massimo giacon, massimo "azimut" cerruti "requiem automatico", franco raffin e rosa anglani "topolix", franco raffin "stupide anime"

"...rockgarage si occupa con chiarezza e competenza di argomenti non sempre trattati da altre pubblicazioni: gruppi italiani, traduzioni, appunti sul fenomeni indie etc..."
[il mucchio] 
   
rockgarage compilation #3 7" ep [allegato a rockgarage zero/quattro]

diaframma "illusione ottica" (live) / qfwfq "desideravamo belve" / degada saf "tri-banal" / funkwagen "ebdomero" (pubblicato in collaborazione con materiali sonori)
   
detonazione "sorvegliare e punire" 7" ep [allegato a rockgarage zero/quattro] (ristampa pubblicata in collaborazione con tunnel records)
   
numero zero/cinque [settembre 1984]

editoriale / musica: frigidaire tango, detonazione, diaframma, go-karts, degada saf, crepesuzette, 2+2=5, pyramids, plasticost / grafica: franco raffin

... uno degli esempi migliori di appassionata autoproduzione in ambito musicale negli anni ottanta, dove la buona qualità dei contenuti della fanzine veniva accompagnata da un elevato livello qualitativo nella scelta degli allegati sonori... [stampamusicale.altervista.org]
...citare tutti è quasi impossibile, anche perché i nomi sarebbero tanti, ma vorrei spezzare una lancia per rockgarage di mestre, una delle più interessanti fanzine dei primissimi anni ottanta, la quale allegava anche dei prodotti discografici con gruppi italiani, ma che già dai contenuti rivelava una maturità incredibile... [fanza italia, arci pordenone 1992]
 
   
rockgarage compilation #4 lp [allegato a rockgarage zero/cinque]

frigidaire tango "take over from me" / detonazione "grigia miseria" (live), "i programmi agli inferi" (live) / diaframma "altrove" (demo) / go-karts "windy nights for the heroes" / plasticost "panorama" / degada saf "la rhumba de shang hai" / pyramids "mouth of nilo" / crepesuzette "killing japanese" / 2+2=5 "oggi è un bel giorno" (pubblicato in collaborazione con materiali sonori)

...questa è la quarta compilation curata dalla rivista. le scelte naturalmente riflettono il gusto dei compilatori che sembra non indulgano nelle piacevolezze dell'ondata dance. il nuovo rock, a giudicare almeno da questa raccolta, appare troppo impegnato a giustificarsi culturalmente... [frigidaire]
...nove gruppi da varie regioni italiane, e di varie matrici ispirative. una raccolta ottima che ha inoltre il pregio di costare solo diecimila lire e di essere allegata ad un giornale davvero ben fatto... [vm]

 


degada saf "no inzro" lp [1984]

gruppo trevigiano che proponeva musica essenzialmente elettronica e pesante (muro di sintetizzatori, sequencer, drum machine, una chitarra elettrica stravolta) dalle tonalità oscure e dal ritmo pulsante e ossessionante, accostabile alle prime esperienze dei cabaret voltaire. in una parola erano tremendi. dopo questo lp d'esordio, hanno tentato senza successo l'avventura dance per poi, semplicemente, scomparire. peccato.

...un grido disumano da una civiltà in agonia... (waves)
...un sogno inquietante... (rockerilla)
...superano la freddezza degli strumenti elettronici con il fascino lirico del canto. superano le barriere del lessico nostrano con il loro linguaggio spezzato esperantino. superano le etichette con la loro originale struttura compositiva a metà tra l'ambient e l'emozione... (indie)
...a technopop experimental group playing sort of hypnotic, shattered and completely undanceable music with nonsense lyrics to a dancefloor oriented audience... (apocalypso)
   
history of unheard music "chapter one" lp [1984]

ensemble di new york city (beo morales, brooks williams e charlie mendoza) dedito alla computer music ed alla manipolazione del suono tramite congegni elettronici e software di propria progettazione e realizzazione. conosciuti a una performance multimediale (suoni, proiezioni, teatro, maschere) a venezia, casa loro era un crocevia importante nel traffico sotterraneo di new york city.

...dark, conceptual and nightmarish noise... (x-clusive)
...il disco ben esemplifica la vena surreale/elettrica dei tre americani, alle prese con una revisione della forma canzone divertita ed intelligente... (silenzio)
...t
heir music suggests that we're overloaded with sonic information, and that we might as well giggle a little before the final collapse... (the new york times)
...un collage ricco d'effetti surreali, umoristici, doppi sensi paradossali..
ottimo biglietto da visita, aspettando di ascoltare e soprattutto di vedere gli hum nel prossimo tour europeo... (rockerilla)
...l'elettronica degli hum ha radici nell'avanguardia storica e nelle forme più colte del rock di questi anni. un disco bellissimo, super-raffinato, super-sofisticato, super-intellettuale, ovviamente super-newyorchese... (indie)
   
funkwagen "il caso funkwagen" lp / digital mastering [1985]

etichettarli come "un gruppo punk-jazz" è sbrigativo, discutibile e sbagliato. altoatesini, polemici e incazzosi, attivi dalla fine degli anni '70 col nome di urbanoide, attenti a intercettare le nuove tendenze e pronti a sperimentazioni senza compromessi: influenze jazz, innamoramenti funk e fusion, dure contaminazioni elettriche e rock in una miscela inimitabile. decisamente un caso a parte nella new wave italiana di allora. per questo hanno ricevuto odio, pur se ben mascherato dai sorrisi.

...una musica moderna, al di fuori di schemi e di mode... (alto adige)
...troppo immediati, concreti, reali per essere snobbati... (fare musica)
...musica convulsa ed esasperata... (il mucchio)
...dal magma espressivo è nato un gruppo di musica contemporanea, suggestiva e lisergica... (rockerilla)
...sonorità davisiane, grande funk-jazz suonato con passione ed inventiva... (la repubblica)
...un onorevolissimo debutto: un gruppo serio, lontano dai centri di potere musicale e discografico italiano... (rockstar)
...una delle migliori sorprese di un panorama italiano che sta crescendo rapidamente... (audio review)
...gruppo atipico e controcorrente, i funkwagen infrangono i confini culturali dell'espressione musicale. tra le pieghe dei numerosi momenti d'emozione si ritrova un modo originale di tendere al futuro, in cui il nervosismo e le frustrazioni dell'oggi sono mal vissuti nel momento in cui si confrontano con il sogno... (a/rivista anarchica)
   
davai'ciass "el baco" tape [1985]

fabio t. e carlo e. nei primissimi anni ottanta (in tempi non sospetti, cioè ben prima che degli sciagurati cccp si occupassero i punks bolognesi, poi i giornalisti dell'espresso, poi ancora le multinazionali del vinile) erano sinceri appassionati di musiche fuori moda. li ho conosciuti allora, nel pieno dell'era new wave, delle tastiere sintetiche e del look-che-viene-prima-del-talento: erano proprio gente strana, capaci di commuoversi per una ballata slava o per una cassetta di musiche zingare. invece che in pellegrinaggio al marquee andavano alle feste popolari in carnia e in slovenia, fisarmoniche e tokaj invece che i megaconcerti duraniani e i raduni d'avanguardia. anche loro musicisti dilettanti, avevano scelto il nome davai'ciass e pubblicato un demotape con dentro canzoni abissalmente malinconiche: non ho mai saputo se fossero vere canzoni bulgare slave turche greche balcaniche riarrangiate oppure dei falsi clamorosi...
   
fox e areclan "processo alla scimmia #2" tape [1985] (in collaborazione con particolare music)

rispettivamente cantante/frontman e chitarrista dei plasticost. musiche registrate in casa, utilizzate per una performance ai limiti della decenza, sguaiatamente irrisoria del buon gusto piccoloborghese (una specie di "sfilata" di moda di improbabili vestiti di plastica sospettosamente simile a quella dei sacchi per le immondizie) che al gruppo ha poi causato qualche ...piccola rogna. musica intrecciata a rumore come se qualcuno dei residents si fosse nascosto in un posto perso nella campagna nel nordest: fossero nati ad akron, a seattle o a brooklyn, li avrebbero già fatti sparire in qualche supercarcere. invece per (nostra e loro) fortuna sono come la gramigna: i plasticost resistono a diserbanti, maltempo e veleno e suonano ancora oggi.

...concepito con ironia e gusto come colonna sonora di performance sacrileghe, il nastro si inserisce nel filone della musica anarchica come tentativo -ben riuscito ed efficace- di distruzione letterale e sistematica di tutti gli schemi e le convenzioni stilistiche ed è destinato a dare scandalo negli ambienti più ortodossi ed austeri della scena musicale alternativa nazionale...
(a/rivista anarchica)
   
hakkah "there is no reward" 12" ep [1986]

strani, angolari e imprevedibili, suonavano tutti assai bene e avevano attorno un bel giro di gente (da alessandro monti ad alex masi a pippo monaro) ma frequentavano anche certe cattive compagnie. il master di questo disco era stato trattenuto in ostaggio presso uno stabilimento milanese per questioni di vecchi debiti non pagati: poteva essere un buon inizio, loro però si sono mollati subito dopo e non s'è più fatto un cazzo.

...non traggano in inganno certi ritmi un po' ammiccanti, certe atmosfere apparentemente soft (ed invece assai tese) o certi arrangiamenti vellutati: la vera natura del quintetto è sperimentale... (il mucchio)
   
plasticost "i figli del miracolo" tape [1986] (in collaborazione con particolare music)

i dischi dei plasticost non rendono l'idea di chi e di che cosa c'era dietro: a restare in superficie sembrano fare a pezzi renato zero e david byrne, per ricucirli in un frankenstein inascoltabile farcito di citazioni e congetture. forse l'unico vero gruppo di art/rock e d'avanguardia nel veneto di allora, i plasticost erano anarcoidi e blasfemi. bisognava vederli e sentirli dal vivo: i loro concerti erano appuntamenti rischiosi, soprattutto per loro che sul palco cantavano una messa in anticelebrazione della società cattolica vicentina. col dito puntato sul vicino di casa pedofilo, sul prete usuraio e bestemmiatore, sul medico obiettore che pratica aborti nella sua clinica privata, sulla vecchia maestra bigotta ma puttana: la bella società vestita a festa la domenica mattina di cui tutti sanno tutto, segreti da confessionale che nessuno può dire ad alta voce. loro ci riuscivano, e davano i brividi.

...l'attività dei plasticost iniziò molti anni fa: le proposte musicali e spettacolari dei quali si fecero portabandiera li resero subito sgraditi all'ambiente cattolico ed asettico della provincia vicentina. una musica particolare, la loro, estranea alle tendenze ed assolutamente inutilizzabile come entertainment: caratteristiche fondamentali sono le frequenti citazioni del dada/futurismo più surreale e bizzarro, la profonda antipatia per il codificato, il gusto dell'irriverenza e del rischio anche fisico, il sottile anticlericalismo che traspare specialmente nelle prime e più pungenti realizzazioni. in questo senso, plasticost è uno sberleffo di liberazione rivolto alla faccia del potere e del conformismo, satira perversa dei comportamenti nascosti e delle frasi dette a mezza voce. raccogliendo i pezzi della realtà di tutti i giorni e delle frustrazioni, fox e compagni trasformano i loro incubi e sogni bagnati in farse amare...
(a/rivista anarchica)
   
politrio "effetto eisenhower" lp [1986]

conosciuti al meeting internazionale anarchico a venezia, fino a poco prima si chiamavano proteo: massimo sbaragli, roberto zoli e giorgio canali. avevano talento e idee inusuali, erano generosi di carattere. hanno sempre lavorato, fatto tanta strada, fatto tanta fatica. spesso, del loro lavoro e della loro fatica altri hanno raccolto i frutti. meritano rispetto, tutto il rispetto possibile. questo disco è una profezia che anticipa molte cose fatte negli anni successivi.

...molto più che un anonimo lp di debutto dell'ennesima nuova formazione rock italiana. niente trabocchetti, niente padrini né bandiere, niente -ismi e niente post-. un disco originale e bizzarro... (rockerilla)
...la musica è inattesa e nuova. è bello accorgersi dell'uso così strano e moderno della chitarra, vera protagonista. una ricerca continua, uno studio regolare e metodico fatto su di una strada difficile... (a/rivista anarchica)
...estrosi e brillanti nelle loro colte escursioni jazz-funk-rock, ed attenti a ogni forma di sperimentazione multimediale. souni "diversi", di grande impatto... (il mucchio)
   
   

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