roberto dani
"drama"

“...il suono acustico prima di tutto, nelle sue molteplici manifestazioni. il fascino ancestrale del metallo e dei processi di lavorazione ai quali viene sottoposto. non una citazione, bensì una “visione sonora”, filtrata attraverso strumenti tradizionali. la forma, come inevitabile risultante di un processo...”

   

questa è una storia strana, una di quelle che in giro normalmente non si sentono. una storia che bisogna cercare, una storia rara, tracce sottili appena accennate che si fa fatica a seguire e poi a mettere insieme, e che alla fine è una storia incredibile, che si accende di una vita sua, prende ali e direzioni inaspettate, e sorprende, e scompare. una storia fatta di suoni di dita che incontrano legno pelle e metallo e si intrecciano in sequenze ritmiche spigolose e contorte per dissolversi velocemente in rumori appena sussurrati, sottili come fili d’erba che poi improvvisamente a volte s’inabissano nel profondo. oppure diventano enormi come tuoni in montagna, voce di nuvole estive nere di pioggia che si sciolgono e lasciano l’aria appena più fresca e riverberi umidi attaccati alle cose. una storia fatta soprattutto di silenzi lunghissimi: silenzio non come assenza di suono/rumore ma come spazio immaginato apposta per la meditazione, il ricordo, la solitudine (silenzio come un posto della mente). una storia che è un accatastarsi di luci ed ombre, colori, e vastissime terre di nero.
la racconta roberto dani, sperimentatore ed improvvisatore, percussionista. lui è uno che ha fatto già un bel pezzo di strada, sia parlando dei chilometri macinati per fare concerti in giro per il mondo che in viaggio tra modi di suonare, dal rock progressivo a studi americani di jazz a collaborazioni con nomi scritti piuttosto in grande nel libro della musica contemporanea, ne prendo tre a caso: la cantante inglese norma winstone, il clarinettista francese louis sclavis, la pianista americana annette peacock, che poi magari non saranno neanche tra i più rappresentativi (ma ne ho scelto tre a caso sul serio). da qualche anno porta avanti un’intensa attività didattica sull’improvvisazione: in pratica mette in testa dubbi ed idee strane a giovani musicisti che raccoglie in ensemble strumentali che lui poi dirige, o magari disorienta.
“drama” in breve è un’opera per sole percussioni, stellarmente lontana da quei monoliti costruiti su mastodontici assoli di batteria tamburi ed altra roba da percuotere dove trionfano il muscolo gonfio e sudato, i buchi sulla tessera della palestra e le dimensioni del diametro delle palle dell’autore. ve lo dicevo qualche riga fa: grande parte del lavoro di roberto è fatta di ricami sonori preziosissimi tutt’attorno al silenzio. sono tele di ragno sottilissime, grovigli di pianta rampicante che a volte riescono a tener stretta persino la luce, così che “drama” diventa oscuro, prende contorni incerti, anzi perde forma per rimanere sensazione, sospetto, odore sottile. anche la copertina non aiuta a mettere ordine, così giocata tra quello che sembra e quello che invece è: spaccature bianche sul nero, e nero fuori e bianco dentro, carta pesante da toccare in punta di dita, fatta apposta per catturare tracce, ditate, pieghe, unghiate, ombre, macchie.
roberto è stato descritto, più che come percussionista, come un danzatore che si muove tra le percussioni: l’ho visto suonare e questa frase mi piace, la sento intimamente brillante e vera e mi piacerebbe averla scritta io, quindi la rubo e ve la ripropongo. e non è solo una questione visiva: questo suono accende in testa l’idea della danza, del movimento leggero, del volo che sconfigge la gravità, di aria che prende colori, di indecisioni di contorni.
per trarre enorme soddisfazione dall’ascolto serve armarsi di attenzione. aiuta anche una certa propensione alla curiosità, e un minimo di pratica nel tenere ben arieggiata e sgombra la propria mentalità dai confini di genere musicale. non voglio sembrare uno che esagera, ma questo è uno di quei cd magici dove ci si sorprende ad accorgersi di una novità, di un particolare rimasto nascosto, di un riflesso anche oltre l’ennesimo ascolto. sapete, uno di quei cd che non diventano mai vecchi, uno di quelli che galleggiano nel tempo secondo una rotta propria e che si perdono e ritornano. uno di quelli che sarà bello riascoltare ancora tra dieci anni.



note biografiche

nato nel 1969, roberto dani inizia a suonare fin da giovanissimo come autodidatta. tra il 1989 e il 1992 realizza diverse incisioni discografiche con i devil doll, band rock progressive italo-slovena affermata in tutto il mondo. fin dal principio, la sua ricerca tende all’abbattimento delle barriere stilistiche all’interno dei linguaggi e ad emancipare il ruolo melodico e solista del proprio strumento. gran parte del suo lavoro è incentrata sull’improvvisazione e dedita all’esplorazione dei confini tra la musica improvvisata e la musica scritta.
nel 1994, grazie ad una borsa di studio, si reca negli stati uniti a boston per un periodo presso il berklee college of music, dove suona con hal crook ed incontra il giovane pianista finlandese mika pohjola con cui si esibisce in tutta europa ed in giappone, e registra presso le radio nazionali finlandese e svedese e la bbc gallese.
nel 1998 collabora con il teatro la scala di milano, prendendo parte alle registrazioni delle musiche per balletti commissionate al compositore carlo boccadoro. di quest’anno è il suo primo progetto solista “images”, al quale partecipano la cantante inglese norma winstone, il pianista glauco venier ed il violoncellista tedesco henning sieverts.
agli inizi del 2000 costituisce il nuovo trio “interférences”, con michel godard al basso tuba e kyle gregory alla tromba. nel 2002 registra “instants” con il clarinettista louis sclavis, il violoncellista vincent courtois ed il trombettista kyle gregory. nel 2003 debutta in solo, contesto particolarmente congeniale al suo stile e che rappresenta tuttora il principale progetto a proprio nome.
nel 2005 collabora con l’artista gianandrea gazzola all’allestimento di un percorso sonoro all’interno della mostra “il rito segreto” presso il colosseo di roma. a questo seguono numerose realizzazioni sonore per il teatro, come “luce nera” e “non ricominciamo la guerra di troia” (per sei batterie e la voce recitante di patricia zanco) ed “oscillazioni” di vitaliano trevisan con l’attore fulvio falzarano. le sue percussioni sono parte attiva negli allestimenti del reading “baldanders” di e con stefano benni, “il ponte” di e con vitaliano trevisan, e “da un lavoro abbandonato” da samuel beckett, tradotto dallo stesso trevisan; realizza poi le musiche di scena per le piéce teatrali di trevisan “quattro stanze con bagno” ed il monologo “solo rh”. tra le collaborazioni più recenti troviamo “ram” con michele tadini ai campionamenti in tempo reale, il sodalizio con la cantante e pianista americana annette peacock e il duo “klang” con il clarinettista/polistrumentista sergio fedele.
oltre ai musicisti già citati, ha suonato con kenny wheeler, mick goodrick, ralph alessi, drew gress, ben monder, erik friedlander, christy doran, han bennink e molti altri. partecipa inoltre alle attività del giorgio gaslini chamber trio, dell’ensemble di stefano battaglia, del trio di luciano biondini e vari ensemble diretti da roberto bonati.
da diversi anni porta avanti un’intensa attività didattica sull’improvvisazione e la forma attraverso la creazione di grandi ensemble strumentali da lui diretti. 

 

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