segnalazioni / reviews

…nel suo "diario minimo" umberto eco ridisegna il franti di de amicis e gli fa vestire i panni di gaetano bresci, l’anarchico che nel 1900 assassinò re umberto i. la voglia di riscatto di quel franti la si ritrovò alla metà degli anni ottanta nell’omonima band torinese, formazione atipica, a suo agio nel circuito dei centri sociali così come nel panorama della canzone d'autore. quell'esperienza non è andata perduta, e ora un box di tre cd la celebra. franti, semplicemente: una delle più audaci avventure musicali nell'italia degli anni ottanta. poco nota ai più a causa del rigore indipendente che ne guidò le scelte, circoscrivendone il successo. album e singoli editi in tirature limitate e distribuiti a prezzi no-profit esclusivamente nel circuito alternativo, generalmente attraverso la blu bus, etichetta alla cui fondazione il gruppo contribuì in prima persona. così anche i concerti: rari e sempre in ambiti politicamente omogenei, dai primi centri sociali alle iniziative militanti. li si incrociava nell’area del punk anarchico, ma di punk in senso stretto non vi era quasi traccia nel suono. rock da west coast e jazz, folklore e blues, piuttosto. ma soprattutto poesia, nella migliore tradizione nazionale della canzone d’autore: de andrè e guccini come progenitori possibili. nomi citati - insieme a quelli di bob dylan, victor jara, robert wyatt, john cale, patti smith, crass e altri - da marco pandin (curatore del progetto) nell'introduzione alla ristampa di "non classificato", il cofanetto antologico (tiratura originaria su vinile nell'87 e prima versione in cd nel '92) che riepiloga l'attività dei franti. tre dischi in cui trova posto tutto ciò che la formazione torinese pubblicò fra l'84 e l'87, ora integrato dai preziosi inediti concepiti dopo la separazione e registrati in semiclandestinità al principio di questo decennio, quando cioè l'effetto della diaspora aveva generato numerose esperienze collaterali. environs, orsi lucille, howth castle, panico, la banda di tirofisso, ishi furono i molti nomi che schegge di franti assunsero di volta in volta per fare musica su disco e dal vivo. maggiore retaggio attuale di quell'epoca, il crescente consenso che accompagna le imprese soliste di lalli, voce femminile del gruppo. e in proprio - ora con le vere generalità e ora invece con vari pseudonimi, ultimo dei quali è tony buddenbrok - continua a produrre canzoni stefano giaccone, che dei franti era voce maschile e sassofonista. perché "l'avventura non è finita, il sogno non è finito", suggeriscono le note introduttive. impossibile, ovviamente, condensare su disco una storia tanto grande, ma già perpetuarne l'eco musicale è opera degna di elogio. difficile da reperire, visto che al solito lo si intercetta soltanto in canali non ufficiali. "non classificato" finanzia con il ricavato delle vendite a/rivista anarchica: nessun utile per gli autori. giusto per ribadire di che pasta era fatto franti... [la repubblica / kataweb]

...c'era una volta, troppi anni fa, un gruppo chiamato franti come il cattivo del libro "cuore" di de amicis. un gruppo che cantava di gioia e rivoluzione, ma anche di malinconia e disagio, e che con estrema coerenza portava avanti una strategia politico-musicale fieramente antagonista: nei temi trattati, nel modo di "vestirli di suoni" - mai incline a sterili estremismi, ma certo non in linea con i cliché del consumo di massa - e nella diffusione dei lavori discografici, rigorosamente autoprodotti e posti in vendita a prezzo di costo. come tutte le belle utopie, anche l'avventura dell'ensemble torinese durò tutto sommato poco: circa quattro anni di assestamento e altri cinque di carriera vera e propria. impareggiabili per intensità, calore e convinzione, questi quaranta episodi parlano il linguaggio di un rock elettroacustico contaminato da punk, folk, jazz e fantasie sperimentali, che solco dopo solco dichiara la sua autorevolezza artistica e concettuale, ribadendo, se non l'attualità della forma (ma, in fondo, i franti erano senza tempo già nei loro anni ottanta) la bellezza e l'importanza di una musica che, nella storia del rock italiano, pesa quanto quella di realtà assai più propagandate come area e stormy six... [il mucchio]

...se qualcuno vuol fare esercizio di memoria recente, può rammentare che nel '64 al festival di spoleto, quando il nuovo canzoniere italiano intonò "gorizia" scattò una denuncia di due solerti ufficiali per essere, quella canzone, "lesiva dell'onore italiano". chissà quante occasioni di lesione dell'onore italiano troverebbero i due militari oggi ad ascoltare questo cofanetto rosso fuoco di elegante povertà che fascia tre cd e un libretto, e reca la scritta: "non classificato"... è la testimonianza dell'intera e cruciale esperienza del più combattivo e ragionato gruppo musicale antagonista nato in italia. franti sei tu ogni volta che dalle macerie costruisci un nuovo spazio di libertà, raccontano le note: e i primi assaggi di spazi di libertà di quel gruppo raccontano di cantine riassettate alla meglio, di ultimi fuochi dei circoli del proletariato giovanile, di resistenza a oltranza negli anni dell'arroganza e delle milano da bere, dell'intelligenza politica dei "messaggi in bottiglia" lanciati anche nel buio, trovando nuova sponda nell'aria magmatica dei "nuovi" centri sociali, dei cani sciolti, dei punx anarchici e telematici. da pavese e che guevara a marcos e hakim bey, insomma: un altro modo per cantare "bella ciao", mille modi per mescolarsi con tutti quelli che strenuamente vogliono la luna. impossibile dar conto della ricchezza di situazioni, spesso catturate con un registratore a cassette in case di compagni, o negli studi di radio popolare, o ai concerti, e del labirinto di musiche che franti ha incrociato nella propria storia, lampi intelligenti e rabbiosi di un nuovo canzoniere popolare che ha fatto tesoro del free jazz nero e assertivo, del rock in opposition europeo, della cruda e non mediata comunicazione diretta del punk... [il manifesto]

..."non classificato" edizione 1999 non è una raccolta per cercare di vendere l'invenduto o il non-voluto-vendere del passato, ma è un'iniziativa legata ad a/rivista anarchica. comprende tre cd con brani tratti da "luna nera", dallo split lp con i contrazione, dal "non classificato" del 1987, dal "giardino delle quindici pietre", da "nel salto dell'ascia sul legno" e da "il lungo addio": da una somma di capitoli ovviamente storici della lunga avventura frammentaria dei franti e del suo cangiante, magmatico e individualmente inafferrabile mondo. questo è quanto si può dire trattando l'oggetto come una produzione discografica. non è che non lo sia, il problema è un altro: è molto di più ed è anche qualcosa di già visto, vissuto, consumato ma mai esaurito e anche mai digerito. un consiglio: riascoltare tutto: dal primo acerbo "no future" fino alla conclusiva cover "femme fatale". in mezzo c'è tutto franti, o quasi. tutti i mille poli di una tensione continua verso il superamento dei propri assunti musicali di volta in volta, e c'è anche il termometro sempre acutamente attivo di una situazione sociale, politica, umana che ha accompagnato il corso della storia di torino, in primis, ma ovviamente di tutto il paese. dal 1978 al 1999 un bel salto, una generazione e un'avventura musicale (ma non solo) che in italia non ha avuto pari... [rockerilla]

…per il contesto politico e discografico in cui si mossero, molti credono tuttora che i franti siano stati un fenomeno punk: in effetti lo furono, non tanto dal punto di vista strettamente sonoro o nel senso dogmatico del termine, quanto nell’attitudine, nella purezza dei loro gesti, nel disagio e nella vivacità sovversiva che immediatamente trasmettevano. non è un caso che il loro esordio su vinile del 1984 venne condiviso con una band hardcore, i contrazione. seppur legati all’esigenza di spiegare sempre tutto nel dettaglio, di dichiarare pensieri, motivazioni e spese di ogni loro sortita, lalli e compagni non caddero mai nella retorica o nella superficiale metodica dello slogan, al contrario la loro arte fu sempre viva, ricolma di emozioni e sensazioni, certo animata dalla voglia di guardare alla strada, alla concreta miseria di tutti i giorni, ma con occhio puntualmente critico, con un approccio culturale davvero aperto, che teneva in considerazione anche il risvolto spirituale della natura umana. se dunque da un lato sembrava ovvio, anche se non pregiudiziale, l’impiego di testi in italiano, dall’altro non erano affatto scontate le imprevedibili scelte espressive, che per quanto vincolate al fascino grezzo delle registrazioni artigianali riuscivano a gettare un ponte tra i crass ed il suono di canterbury. eppure, alla fine degli anni ottanta, gli scenari erano mutati, i toni del confronto politico si erano stemperati ed anche l’ambiente del “nuovo rock italiano” si era mosso in altre direzioni. sciogliersi fu un gesto coerente e naturale... [raro]

…una storia fatta di "canzoni speciali che ieri ci hanno fatto sognare e anche oggi ci aiutano a farlo". una storia iniziata nella torino industriale di fine anni settanta e conclusa una decina di anni dopo per riprendere vita sotto nuove forme. dieci anni di musica bastarda e senza padroni, essenziale e complicata, poetica e romantica, fuori dalle mode e dalle logiche di mercato... [blow up]

...torino, 1976. è qui all'ombra della fiat, sulle orme dei manifestanti di corso traiano, dalle parti delle barricate innalzate dal partigiano-bambino dante di nanni, che nasce il primo nucleo del gruppo più vicino agli area per eredità di contenuti culturali, sperimentali e politici. "volevamo essere diversi, per questo scegliemmo di chiamarci franti, il cattivo del libro cuore". diversi, i franti lo furono per davvero. diversi gli strumenti che scelsero "per comunicare esperienze antagoniste". non un unico linguaggio sonoro, ma tutte le grammatiche, i lessici a disposizione: la canzone d'autore, il rumorismo, il jazz, il punk, l'improvvisazione e il grande mainstream (dylan e tim buckley su tutti). "hardcore-folk band" si dichiararono, per tagliare la testa al gioco inopportuno delle classificazioni. dunque, se definizione deve essere, che sia la loro. franti, i diversi. quelli dell'etichetta più militante d'italia, la blu bus, quelli radicali, ostinati, testardi e integri. quelli che scelsero l'autoproduzione come mezzo, unico mezzo voluto e consapevolmente, faticosamente rispettato, per spezzare il silenzio e rompere il cerchio della musica intesa come campari soda: bere in fretta, metabolizzare velocemente, scordare subito. indimenticabili franti. impossibile, davvero, dimenticare i mille volantini, le pagine e pagine di allegati che spiegavano punto dopo punto le ragioni, i costi, gli introiti di ogni disco e concerto. impossibile dimenticare la voce fiera di lalli, il sax di stefano giaccone, le chitarre di vanni. scolpiti nella memoria quei testi tra lirismo e atto di denuncia, quell'immaginario senza confini, quel mondo popolato di uomini e donne che non avevano, non hanno paura delle macerie "perché un mondo nuovo sta nascendo mentre io ti sto parlando". i franti di luna nera, all'inizio solo una cassetta, poi il vinile fulminante, epico. è il settembre del 1983. distribuzione militante, prezzo politico. l'anno successivo, a metà con i contrazione, il collettivo firma un nuovo lavoro, più spigoloso e apertamente politico. un lungo silenzio, poi nel 1986 il capolavoro: "il giardino delle 15 pietre". opera da osservare con calma proprio come per i giardini del giappone dove una delle 15 pietre rimane sempre invisibile. il "nascosto" dei franti appare dopo ripetuti ascolti e la lettura integrale del booklet di 18 pagine che accompagna l'album. disco scritto coi nervi, col sangue e le interiora. affresco globale e omaggio a linton, wyatt, stratos, crass, john cage. nel 1987 esce "non classificato", cofanetto con 4 lp (i tre precedenti più "nel salto dell'ascia sul legno"). stampato in 300 copie, prezzo imposto: un'operazione realizzata per impedire speculazioni. strategia debole, purtroppo. "non classificato" diviene quasi subito rarità da collezione per mercanti senza scrupoli. oggi ha una valutazione da capogiro. forse anche per questo, per mantenere celato a sguardi sciacalli il sasso del loro prezioso giardino, i franti si sciolgono. "la fine di una spirale ne genera un'altra se l'aquila ha abbastanza cielo per volare". l'aquila apre le ali. nascono altri progetti: la microlabel inisheer, gli orsi lucille, gli environs, la banda di tirofisso, gli ishi, gli howth castle. lalli continua da sola e vince il premio tenco come autrice. stefano giaccone si trasferisce in inghilterra ma ancora scrive canzoni, e suona. come un'anima inquieta franti esiste e resiste, si reincarna in nuove entità, vive altre vite. franti, l'infame di de amicis. musica da leggere, poesie da ascoltare per sentirsi meno soli, per spaccare con un fiore che noi annaffiamo stanchi di diecimila solitudini ma ancora bastardi, testardi... [linea gotica]

…buone notizie: è nuovamente disponibile "non classificato", antologia completa dei franti. l'operazione, curata da marco pandin per a/rivista anarchica, contiene una novità: oltre ai due cd editi nel 1992 dalla blu bus c'è un cd bonus, "il lungo addio", che documenta la breve esistenza dell'omonimo gruppo, nato da una costola della leggendaria band torinese. il tutto è in una bellissima confezione corredata da un booklet con tutti i testi, interventi dei protagonisti e note a margine in grado di soddisfare i curiosi. quando si parla di rock in italia, facendo riferimento agli anni ottanta si citano sempre litfiba e cccp, dimenticando questa splendida pagina di musica in grado di unire poesia, anarchia e contaminazione. tenendo sempre a mente che "la voce deve essere ardente / come il lampo / illuminando il cielo come la luna / scorrendo negli angoli scuri / mostrando il nemico e le sue mosse volgari"... [rockit]

...al di là del nome, che per se stesso suggerisce irregolarità, è stata l'attività fin qui svolta (fedele alla rigorosissima pratica dell'autoproduzione, distribuzione, promozione fuori da qualsiasi canale, ufficiale o indipendente che fosse) a conferire rara dignità politica al quintetto torinese, la cui unica pecca è semmai quella di intendere in modo forse troppo rigido la natura di quelle scelte. musicalmente si tratta di un gruppo eccezionale, e lo intendiamo innanzitutto sul piano creativo ma potete interpretarlo pure in termini tecnici. l'inquietudine intellettuale dei franti si traduce creativamente in uno sbalorditivo eclettismo stilistico, capace di spiazzare l'orecchio più scaltro e annichilire i luoghi comuni legati a parole come "nuovo", "rock" e "italiano"... [fare musica]

...l'anarchia è un concetto che - per sua stessa natura, quasi per autorealizzazione - non può che esser sempre multiforme: semplice, intatto ed essenziale come lo sono tutte le idee pure, ed involuto, complesso e sfuggente come le medesime diventano quando gli uomini (e le loro teorie) ci mettono le mani sopra. a volte però le cose diventano improvvisamente chiare quando sono toccate dall'arte: basti pensare a come un quadro, un film, una musica, un dramma riescano spesso a "spiegare" sentimenti, concetti, ansie, pensieri ed emozioni molto meglio di tante parole. nel nostro caso, per chi volesse meglio avere un'idea concreta, viva, di cosa sia davvero l'anarchia, può rivolgersi a quell’esperienza davvero unica di "anarchia in musica" incarnatasi nei franti. il nome, innanzitutto. una scelta di campo non casuale, una dichiarazione d'intenti chiara: porsi a fianco del "cattivo" (..."e franti rise") del "cuore" di de amicis con uno sguardo che non giudica e condanna, ma accoglie e osserva (de andré docet). poi, una storia intricata, che inizia nel '77 alla terza liceo del decimo di torino, e si sviluppa attraverso prove, cambi di formazione, e concerti. le sedi e le occasioni scelte dai franti per suonare sono, al pari della loro ragione sociale, la spia di una ben precisa tendenza politica e ideologica: beneficenza per uno studente africano, raccolta fondi per una radio libera, concerto al carcere minorile ferrante aporti, manifestazioni no-nukes. del 1982 è l'incisione di una prima cassetta, "luna nera", per l'etichetta autogestita blu bus. ancora influenzata dalla new wave e dal punk, la musica mostra anche un piacevole assaggio di quel melting pot sonoro che i franti di lì a poco porteranno al massimo livello. i franti, pur restando un "collettivo" molto aperto (caratteristica che manterranno per gli anni a venire), si sono intanto focalizzati intorno a vanni picciuolo e massimo d'ambrosio (chitarra e basso), stefano giaccone (sax e voce) marco ciari (batteria) e alla cantante lalli. arriva poi il 1986, con "il giardino delle quindici pietre" ed è il capolavoro. quattordici brani dove si alternano in modo eclettico ma soprattutto anarchico, reggae e hardcore, voci declamanti su arpeggi circolari e jazz sporco o da night, la poesia quotidiana, intrisa di malinconia ed emarginazione e il durissimo j'accuse politico di "hollywood army / big black mothers". questo disco è davvero la summa della loro concezione, prima ancora umana che artistica, dell'essere musicisti. il loro metodo? una specie di bignami dell'anarchia in musica: abitare assieme, ascoltare di tutto (le loro influenze si chiamano indifferentemente mia martini e bob dylan, penguin café orchestra e area, joan baez e king crimson, napoli centrale e zappa, grateful dead e coltrane...), scambiarsi i nastri, sovraincidere, mescolare… ed avere anche un po' di sana "faccia da culo". e poi la cosa più importante, un senso profondo di non-appartenenza, o meglio ancora il rifiuto di ogni classificazione, stilistica o ideologica che sia. musicisti professionisti o semplici dilettanti, aspiranti registi, giornalisti in erba o persone qualsiasi in cerca di novità. questi sono i personaggi che gravitano attorno ai franti. stefano della casa e mimmo calopresti sono solo i nomi più noti di quella "comune" artistica sempre in progress dove si suona, si scrive, si pensa; un gruppo che vive con imbarazzo l'involontario ruolo di portavoce politico che gli viene attribuito dalla comunità, che fugge dalle proposte di contratto ufficiali, e che si sfila di volta in volta dagli ambienti punk, radicali, proletari o squatter non appena questi perdono forza propulsiva per divenire ghetti autoreferenti e circoli esclusivi. tutto questo si capisce, si sente ma soprattutto si intuisce all'ascolto della loro musica: composizioni che spiazzano sempre, nate e cresciute in libertà senza badare a finezze di registrazione ma che mirano al sodo, al nocciolo delle cose; che alternano senza pudore asprezze e delicatezza, chitarre hardcore, reggae, intrecci pianistici e sax confidenziali; che affiancano due anime, due cuori, due voci. quella di lalli, capace di raccontare con la dolcezza di una ninnananna, di declamare in un periodare incalzante da cantastorie, di cantare con melodia e passione, di urlare con rabbia, con toni sempre diversi ma dalla continua tensione emotiva; e quella di stefano giaccone e soci, del loro controcanto maleducato, delle loro asprezze armoniche, e degli imprevisti sentieri ritmici in cui conducono il nostro ascolto. canzoni che non cercano il compromesso, ma la libertà. proprio per questo, per non essere ingabbiati, per impulsività, per ribellione, i franti nel 1987 decretano la loro fine: ma, da splendidi anarchici come sono, è una fine che tocca solo la forma, non la sostanza. il "collettivo aperto" resta, vive, e si perpetua sotto un elenco infinito di progetti, di gruppi collaterali, di stili, di esperienze, di collaborazioni, che giungono fino ai giorni nostri: citiamo, quasi a caso, gli environs, gli orsi lucille, gli howth castle, la banda di tirofisso. ma soprattutto non possiamo non nominare i kina (gli "husker du delle montagne"), e gli intensi lavori solisti di stefano giaccone e di lalli. ok, ci hai convinto, voglio ascoltarli: ma dove li trovo? ed ecco, se ce ne fosse ancora bisogno, l'ultima prova dell'autonomia del gruppo, del suo essere fuori dalle logiche di mercato: l'unico canale che distribuisce i loro lavori è a/rivista anarchica. basta contattare la redazione (tramite posta o internet), un modesto versamento (che copre i soli costi materiali, essendo escluso ogni diritto di copyright, definito dai franti stessi "una legge fascista"), e vi sarà spedita a casa la bella e recente ristampa in tre cd di "non classificato" che, oltre ai già citati "luna nera" e "il giardino delle quindici pietre" contiene anche alcune sorprese. troviamo così lo split lp con i contrazione e un cd con inediti, e soprattutto "nel salto dell'ascia sul legno", lunga suite di oltre 17 minuti che nel suo incedere frammentario fra elettronica, folk, blues e fremiti free rappresenta contemporaneamente il punto estremo e più emblematico della ricerca sonora dei franti, ed un apice difficilmente superabile. ma i franti non hanno mai voluto scrivere e fare musica "per forza", nel tentativo tutto agonistico, e fallimentare per definizione, di superare sé stessi: piuttosto, si sono mossi in quel territorio difficile, cangiante, spinti sempre da un salutare margine d'insoddisfazione, da quella mancanza di focalizzazione che è croce e delizia di tutti i grandi artisti liberi, e che libere rende le loro opere. franti abita in un giardino, in equilibrio su quella quindicesima pietra da cui, secondo la leggenda giapponese che da il nome al loro disco, si vedono sempre e solo le altre quattordici: la pietra dell'indefinito, della confusione; ma anche del rifiuto, della diserzione, della libertà, dell'anarchia. come dice una nota del cd, "c'è un nuovo bambino in città, libero, con il sole nei capelli e una fionda in tasca": io l'ho incontrato e mi è piaciuto... [dnamusic]

...die italienische gruppe franti bezog sich mit ihrem namen auf eine figur aus einem kinderbuch, die sich immer wieder den anforderungen von eltern, schule und kirche widersetzte. die gruppe wurde 1978 in turin als schülerinnenband gegründet, die ausdrücklich für neue personen und verschiedene stile offen war. die grundlage bildete von anfang an ein konsequentes, auf größtmöglicher selbstbestimmung basierendes musikverständnis und eine antiautoritäre lebenseinstellung. die texte von franti hatten durchgehend einen direkten politischen charakter. konkret thematisierten die bandmitglieder unter anderem die situation politischer gefangener in italien, die rüstungspolitik und die imperialistische zielsetzungen der westlichen regierungen. musikalisch war die gruppe vom ausdrucksstarken gesang der sängerin lalli und dem saxophonspiel stefano giaccones geprägt. bestimmend waren vor allem einflüsse aus der rockmusik, die sich auch in der übrigen instrumentierung der band (gitarre, bass, schlagzeug) widerspiegelten. zu den veröffentlichungen frantis gehörte eine split-lp mit der hardcore-band contrazione, durch die es den beiden gruppen auf der grundlage inhaltlicher gemeinsamkeiten gelang, scheinbare musikalische grenzen und die fixierungen auf einzelne szenen zu überwinden... [wolfgang sterneck musik-archive]

...impossibile, nelle poche righe concesseci, illustrare le ragioni dell'importanza del gruppo torinese, cercare di inquadrare il suo approccio alla musica (ed alla comunicazione artistica in genere) o descrivere il suo stile meravigliosamente intenso nell'accostare rock'n'roll e blues, folk e avanguardia, jazz e punk in poesie elettroacustiche che hanno come termini di raffronto solo sé stesse. più utile, invece, consigliarvi di mettervi alla ricerca di questa autentica gemma che, seppur frammentaria e non sempre del tutto a fuoco, esalta solco dopo solco il talento e la sensibilità di un ensemble davvero unico. e coraggioso nel tracciare strade espressive forse ostiche ai più, ma ricche come poche altre in italia di purezza e forza interiore... [audio review]

...nell'ideologia di de amicis franti è un malvagio, capace addirittura di ridere dei funerali del re. nella collettiva visione anarchica di stefano giaccone e lalli questo personaggio sgradevole e vilipeso diventa simbolo di una non accettazione dei canoni e della prassi, elemento discordante, teso a distruggere una falsa armonia, una falsa pace; è così che alla fine degli anni '70 nell'infuocato dibattito politico, ultimo residuo del '68 e sua frangia più estrema, nasce a torino il gruppo musicale che prende il nome dall'antieroe per eccellenza della letteratura monarchica italiana. un collettivo, come accennato in precedenza, più che un gruppo vero e proprio. ci sono certo nomi che tornano senza soluzione di continuità, oltre ai già citati giaccone e lalli sarebbe il caso di citare quantomeno massimo d'ambrosio, vanni picciuolo e marco ciari, ma nell'universo franti chiunque può arrivare a dire la sua, travalicando ruoli predeterminati e uccidendo nuovamente la prassi, la norma costituita. la musica dei franti è un miracoloso incrocio di istanze, idee e necessità: vi è l'urgenza del punk e dell'hardcore ma senza dimenticarsi le radici folk della nostra terra, il blues sporco e sotterraneo (e nostalgico, per dirla à la dylan), il cantautorato e i canti di lotta di tutto il mondo. perché l'anarchia di cui si fa portavoce la band è profondamente internazionalista, vicina alla palestina e a tutto il medio oriente, mai dimentica delle guerre imperialiste fatte e sobillate, e del potere esibito nella sua fredda tragicità. in questo "non classificato", già uscito quasi vent'anni fa per la blu bus, c'è praticamente tutto quello che la band torinese ha composto durante la sua esistenza, dal primo lavoro licenziato, ovvero "luna nera" fino agli inediti presenti nel terzo cd e racchiusi nel nome "il lungo addio". è dunque possibile rintracciare all'interno di questa mastodontica opera omnia la wave incessante e disperata di "no future", slogan del punk duro e puro che diventa accettazione di un destino universale piuttosto che mera esaltazione dell'autodistruzione. non vi è nulla di nichilista nell'attitudine dei franti che altresì dimostrano una moralità e un'etica incrollabili; anche loro, come e più dei cccp, non sono fedeli alla lira. quando scrivono che "il diritto d'autore è una legge fascista" aprono il fianco a una serie di considerazioni che appare quasi impossibile rintracciare nella maggior parte dei gruppi non solo nostrani ma europei e mondiali. inadatti alla costruzione di dogmi e di feticci da idolatrare, i franti si prendono la briga di rileggere materiale derivato dall’esperienza di robert johnson così come di adattare a loro modo i "gates of eden" di dylaniana memoria. in "io nella notte" sembra di riconoscere accenni di riverberi degni di robert smith ma la voce di lalli riporta a terra il tutto, che non c'è possibilità di dedicarsi all'etereo in questo mondo che va diritto verso la propria fine. tra accenni di rock'n'roll ("only a new film"), canti collettivi ("chiara realizzazione di ryonen"), divagazioni pianistiche ("joey"), si procede verso la messa in mostra totale di un'umanità costretta a vivere ai margini. non a caso la band si sente rifiutata non solo dalle major, come è ovvio che sia, ma anche da quel microcosmo "alternativo" che dovrebbe, a parole, lasciare libero spazio a chi non ha voce: si vede che la voce dei franti è una fitta non solo per chi detiene il potere dei mass-media ma anche e soprattutto per chi dovrebbe riconoscersi (almeno parzialmente) in quella ideologia e capisce, di fronte a un pugno così chiuso - ognuno interpreti la metafora come meglio crede - di averne tradito gli ideali. una delle pochissime esperienze realmente underground della nostra politica, laddove con il termine anglosassone si vuole identificare un movimento sotterraneo, negato alla vista immediata, da ricercare in profondità. perché c'è la necessità di scavare per trovare i gioielli perduti, ed è proprio a questo verbo che si affidano i franti quando chiedono di scavare "in francese, in arabo, russo, corso, giapponese, laotiano, svedese...". mille voci per mille modi di vivere, mille voci per un agire e un pensare che lotti per la comunità. in mezzo a questo schizoide volare di spazio e tempo, tra il 1976, il 1987 e il 1992 sarebbe ingiusto non spendere una parola a parte per quello che deve essere a ragione considerato il capolavoro della band: nel 1986 esce, sempre per la blu bus, "il giardino delle quindici pietre", in cui le diverse radici culturali della band - aggiungiamo anche dub, reggae e jazz - si fondono alla perfezione, eliminando qualsiasi linea di demarcazione e viaggiando su linee guida che vanno dalle strade lastricate di povertà di soweto ("every time") a un omaggio sentito alla voce e all'umanità di demetrio stratos, tra le più atroci perdite che la nostra cultura musicale abbia dovuto sopportare. "acqua di luna" è la colonna musicale portante del film di mimmo calopresti e claudio paletto "untreu", ed esiste un frammento microbico dedicato "(ai negazione)". un lavoro capitale per la storia della musica italiana, e che è possibile ascoltare qui venendo a conoscenza anche dei prima e dei dopo: questi ultimi ben rappresentati nel terzo cd di inediti, dove a nome "il lungo addio" si può assistere alle ultime briciole prima dello scioglimento definitivo e dell'esperienza solista dei membri della band, da ricordare soprattutto quella di giaccone e di lalli. se si vuole avere anche solo una vaga idea di quali esigenze musicali percorrevano la colonna vertebrale della penisola italiana durante gli anni '80 è impensabile non imbattersi nei franti, collettivo prima che gruppo, cocciutamente critico verso il potere statale. ed è un mesto sorriso quello che mi fa pensare come, almeno musicalmente, da qualche parte si sia vinto... [kalporz]

 

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