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la vendetta è mia, disse il
signore...
la bomba è sospesa sulle nostre teste e minaccia un'improvvisa, sicura
e terribile retribuzione. come? proprio come la vecchia concezione vittoriana
di dio: irascibile, geloso, irrazionale, una presenza incombente. poi venne
l'inventore della psicanalisi: sigmund freud dimostrò che a ogni persona
corrisponde un complicato intreccio interno, costruito sulle interazioni dello
sviluppo piuttosto che su un'innata bontà o cattiveria. niente bianco,
niente nero. ovviamente, le sue scoperte erano strettamente legate al condizionamento
sociale del tempo, ma l'effetto che ne derivò fu enorme. freud aveva
ammazzato il dio vecchio e vendicativo rendendo dio assurdo. le religioni
occidentali impararono ad essere più compassionevoli, o si trasformarono
in caricature di sé stesse.
la gente venne profondamente scossa da questo cambiamento, e nemmeno le preoccupazioni
della guerra e la decadenza riuscirono a colmare il vuoto. la psichiatria
si ingarbugliò su se stessa e sul mito delle malattie mentali, e non
offrì alcun aiuto. senza questa "forza terribile" per gettare
nell'ombra gli altrui disagi, divenne quasi inevitabile commettere il "peccato":
l'ammettere a se stessi, nel senso più vero, che la vita era un peso
da sopportare, o più semplicemente un insulto all'intelligenza. dio
aveva dato significato alla vita, semplicemente minacciando di togliercela.
e poi venne la bomba, pronta a fulminare gli scettici, a distruggere chiunque
avesse il dubbio che valesse la pena il sacrificio di vivere una vita miserabile.
la nostra bomba., e con essa tutte le celestiali macchinazioni di germi, batteri
e veleni che aspettano sotto le sue ali. tutte le futili preoccupazioni del
consumismo, del materialismo, della cultura dell'assuefazione per calmare
gli spiriti disperati ed insonni. abbiamo reso manifesta la nostra paura dell'annientamento.
il mondo è fatto in modo tale da rivelare le nostre psicosi. oh, valoroso
nuovo mondo, popolato da simili persone! una sfaccettatura della verità.
ricordiamolo ancora una volta. quando lo stato è minacciato, noi siamo
voi. lo stato è uno strumento. in mano ai ricchi, che così si
assicurano la perpetuazione del loro modo di vivere privilegiato. in mano
ai poveri, che in questo modo danno una valutazione costante e contorta alla
loro oppressione. in mano ai borghesi, che rendono l'incubo un sogno. contraffazioni
sintetiche della vita. |
eventi attuali.
sto tentando di scombussolare alcuni comuni pregiudizi. sto cercando di
dimostrare che quando qualcosa appare semplice, se viene preso in
considerazione senza questi pregiudizi si scatena l'inferno. differenti
punti di vista divengono posizioni parallele: la vera differenza sta solo
nel modo in cui vengono utilizzate. migliore sarà la nostra comprensione,
intuitiva oppure razionale, sicuramente più liberi saremo di portare un
cambiamento positivo. la nostra comprensione ed il dibattito
in corso nel movimento pacifista sono messi in una situazione critica dai
grandi noi e loro. sì, una situazione simile ci è stata utile in passato, ma
adesso si è rivoltata contro di noi. ora siamo stanchi. loro sono divenuti
immuni all'autocritica. devono confrontarsi con noi, e siamo noi che dobbiamo
mettercela tutta, essere maledettamente influenti. la nostra retorica vuota si
incontra con i sorrisi indulgenti, la benevolenza con argomenti solidi e
circostanziati, la serenità con la disperazione e la desolazione. dobbiamo
sorpassare questa situazione. iniziamo a comunicare. con la gente, l'uno con
l'altro. entriamo in questo dialogo con lo stato. niente di meno che una
rivoluzione totale, una forma di questo teatro. l'impatto e l'efficacia di
questo nostro teatro dipendono dall'abilità e dall'intelligenza degli attori.
il gioco.
guardate ciò che accade adesso. ci sono moltissimi interrogativi sull'argomento,
molte cose alle quali opporsi, molte dimostrazioni di piazza, azione diretta,
un grande sforzo, molta gente coinvolta. dall'altro lato molta gente che continua
a pagare il prezzo di questo coinvolgimento con la prigione, con le multe
e diverse altre forme di brutalità. molta gente è incoraggiata
a oltrepassare le proprie barriere di riservatezza e senso comune perchè
la solidarietà si sta sviluppando: questo provoca il risentimento dell'autorità.
e l'autorità si muove per arrestarci, per imprigionarci, per attaccarci.
la solidarietà è la ragione della validità della nostra
protesta. ancora più spesso, però, l'autorità non si
muove, resta a manovrare nel proprio territorio.
dal momento che la maggioranza delle manifestazioni pubbliche prende l'impostazione
del tipo noi-e-loro, ecco formarsi il gioco.
l'effetto cercato è nell'interazione.
i giochi possono andar bene se si ha il senso della proporzione, se si sa
giocare bene, se si è prudenti quando sono gli avversari a fissare
le regole, se si conosce bene quando è il momento di smettere, quando
si deve aspettare, quando si deve attaccare. la cosa che mi dà più
fastidio è che entrambe le parti in gioco tendano ad adottare le stesse
tecniche: più la differenza fra le parti si fa sottile, più
è difficile scegliere da che parte stare. cosa più che naturale,
visto che entrambe le parti in causa sono costituite di persone che di solito
mettono in azione le loro differenti moralità.
definire i nostri sforzi un gioco non significa affatto diminuirne il valore.
siamo lì per vincere. e se la nostra vita privata non ha più
dignità del nostro rapporto con lo stato, di che cosa ci lamentiamo?
il valore, l'efficacia delle differenti azioni di protesta, sia che si tratti
di manifestazioni di piazza che del presidio di una base militare, o un campo
della pace, o l'attacco ad una macelleria, sta essenzialmente nel quanto bene
si riesca a comunicare l'idea agli altri. dobbiamo valutare coscienziosamente
il guadagno rispetto al prezzo da pagare quando rischiamo di diventare "sempre
i soliti che protestano". le grandi gesta che rischiano di tenerci fuori
dal giro per lungo tempo hanno una simpatia limitata, mentre ciò che
noi scegliamo per strategia dell'opposizione deve avere un'enorme capacità
di aprirsi, intrecciarsi e razionalizzarsi. una strategia che deve saper ridefinire
se stessa e diventare sempre diversa conformandosi alle diverse situazioni
che si vengono via via a creare. è un concetto astratto, lo so. la
solidità apparente è solamente il riflesso di quell'energia
che continua a mantenere alta l'idea dello stato, col sostegno e l'aiuto dei
vari giornali, radio, televisione e film.
la lezione più difficile che ho dovuto imparare in questi ultimi anni
è che mi preoccupo perché scelgo di preoccuparmi. le attuali
manifestazioni di reazione dello stato sono più un'offesa al mio senso
estetico che l'annunciazione del giudizio finale. vorrei far parte di qualcosa,
ma non c'è davvero nulla a cui appartenere. una vita di protesta permanente:
ecco il risultato delle nostre scelte. può facilmente diventare un
qualcosa da cui dipendere, una nuova bomba, un'eccitazione durevole nella
depressione del mondo.
kurt vonnegut, lo scrittore, afferma che il male peggiore del mondo di oggi
è semplicemente il condizionamento culturale. il soldato spara per
ragioni culturali, non per sua iniziativa. i politici mentono perché
questo fa parte del comportamento corrente, perché è normale.
la gente agisce in maniera disumana perché la cultura corrente dà
valore e generalmente incoraggia un simile comportamento.
noi, i pacifisti, sembra che rivendichiamo la nostra parte in questo gioco
di protesta utilizzando linguaggio e metodi che appartengono a chi ci si oppone.
noi facciamo della propaganda contraria a degli ignoti loro aspettandoci dei
cambiamenti radicali, senza capire che questa è una contraddizione.
ci aspettiamo di essere identificati come la causa del loro malessere, e contemporaneamente
crediamo di esserne la soluzione. attacchiamo posti non protetti, oppure individui
che si distinguono per questioni economiche ed efficienza. e quando uno dei
loro è colpito rivendichiamo i vantaggi dell'azione. o gridiamo all'oltraggio
se ad essere colpito è uno di noi. il cerchio è chiuso. diciamo
di volere la vita, ma quello che ci interessa davvero è prendere parte
al gioco. il gioco delle polarità opposte. la tranquillità del
bianco e nero. sono confuso.
i benefici della tecnologia.
il mondo esterno è il riflesso della nostra struttura interna. siamo
circondati, sommersi dalla tecnologia e dal disordine del consumismo, ma sbagliamo
nel non capire che tutto questo è prodotto dai nostri desideri espressi
e dalle nostre esigenze nascoste. diciamo di essere in grado di utilizzare
i loro strumenti per il nostro tornaconto, e non ci accorgiamo che li stiamo
già usando.
ed eccomi qui, con la più fondamentale delle mie contraddizioni: me
stesso. non voglio conformarmi ai miei standard troppo stretti. la tolleranza
di me stesso e la tolleranza degli altri. noi siamo parte di loro. parliamo
a noi stessi, e ciò che avremo da offrire saranno le nostre proposte,
il nostro sviluppo, la nostra crescita. mettiamoci faccia a faccia con l'atto
equivoco del perseguire un completamento interno della nostra conoscenza da
una parte, e dall'altra con l'atteggiamento esterno di dar voce sempre più
forte alla nostra insoddisfazione comunicando agli altri il nostro punto di
vista. il pericolo sta tutto nel trasformarsi in una forma della nostra insoddisfazione,
essendo la nostra sostanza la protesta.
fino ad ora, il movimento pacifista ha sempre accoppiato la tecnologia dell'artefatto
con la protesta contro l'artefatto (no alla bomba), ha abbinato la specializzazione
alla protesta contro problemi specifici (no ai missili cruise), ed ora tenta
di mettere assieme la tecnologia della protesta riducendo le varie questioni
al linguaggio binario dei computer. bianco oppure nero. tutto o niente. l'esigenza
attuale della gente modella la tecnologia, mentre invece dovrebbe precederla.
cerchiamo di essere più attenti, dunque. stiamo parlando alla nostra
faccia riflessa nello specchio. siamo così tesi e nervosi perché
abbiamo paura di cadere negli abissi delle nostre stesse definizioni. e ricordiamoci
di una cosa: siamo noi a cogliere i fiori, non loro...
quando potremo liberare il nostro spirito che ci si oppone? e ora, ritornando
alla vecchia storia della borsa perduta...
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