annie anxiety - concerti in italia, settembre/ottobre 1984
[da a/rivista anarchica n. 123, novembre 1984 e n. 124, dicembre 1984/gennaio 1985]

tra i diversi modi di occupare questo spazio ci potrebbe essere quello di raccontare le avventure e disavventure incontrate prima, durante e dopo lo svolgimento del tour italiano di annie anxiety, poetessa americana assieme alla quale sei/sette persone più il sottoscritto hanno galoppato in lungo e in largo per il nord italia tra la fine di settembre e i primi di ottobre. in altri casi, penso non mi sentirei a mio agio: annie è per me prima di tutto un'amica, non un personaggio da intervistare. è questa la ragione principale che mi ha spinto a mescolare, certo con un po' di confusione, questi ritagli: pensieri, frasi, traduzioni. tutto assieme, per comporre la cronaca disordinata di due settimane trascorse assieme, giorni pieni zeppi di cose da dire e da ascoltare, di gente da incontrare, di problemi da affrontare e da risolvere (non ultimi il cosa si mangia, il dove si dorme etc.). per quanto mi sarà possibile cercherò di non lasciarmi trascinare dalla tristezza del disastroso bilancio economico (e in parte umano) di questi giorni on the road: questa è una cronaca scritta in diretta e a caldo, senza ripensamenti né correzioni né cancellazioni. sono passate poco più di ventiquattr'ore dal momento in cui lei, annie, se n'è ritornata in inghilterra e io me ne sono tornato a casa mia, per un po' di tempo ancora alla vita di sempre.

ho conosciuto annie nel giugno dello scorso anno, proprio per caso: lei e un suo amico mi hanno dato un passaggio da epping fino a leytonstone, a nord di londra. abbiamo chiacchierato per tutto il tempo e, come di solito succede, ci siamo scambiati gli indirizzi e il telefono nella speranza di rivederci da qualche parte, inghilterra o italia che fosse. e inghilterra è stata, la primavera scorsa: ci siamo rivisti a nottingham in occasione di un benefit concert per il giornale pacifista peace news. ho avuto il modo di assistere alla sua performance, assieme a gig di d & v, flux of pink indians e crass. che dire, sono rimasto senza parole, impressionato dalla trasformazione che annie aveva compiuto di sé stessa nel preciso momento in cui si era piazzata di fronte ai riflettori. lo sguardo, la voce, l'atteggiamento, la carica: era come se riuscisse, non so per quale potere, a trasformare ogni sua parola e gesto in una cascata di emozioni che riuscivo a sentire a livello fisico, oltre che cerebrale. annie mi aveva conquistato ed è stata questa la ragione principale, forse la sola, che mi ha spinto a proporle di venire qui in italia per qualche giorno. pensavo fosse bello, con la scusa del convegno [internazionale anarchico], portarla a fare un giro nella mia città, venezia, visto che avevo anche a disposizione qualche giorno di ferie. nonostante in cuor mio prevedessi una risposta cortese ma negativa (come già era successo con altre persone), mi sono sentito dire: "...magari! e quando si comincia?".
annie è nata quasi venticinque anni fa in un quartiere periferico di new york city, stati uniti d'america, da un tipografo e una casalinga con l'hobby della pittura. a diciassette anni decide di andarsene di casa per girare il mondo. si ferma subito dopo in europa: inghilterra, germania, olanda, francia e anche italia. l'europa le piace, la fa sentire a suo agio, è un modo di vivere più umano, più semplice. annie dipinge, disegna, scrive poesie e brevi racconti: sono frasi spezzate, spesso concetti appena abbozzati, così come essenziali e geometrici sono i suoi disegni. dice: "...di solito, quando faccio un disegno, succede esattamente lo stesso di quando mi metto a scrivere una poesia. non so esattamente che cosa verrà fuori, nel senso che non decido prima un soggetto o un argomento. lascio che le idee vengano fuori da sole. scrivo e disegno dove capita, su un foglio qualsiasi, sul muro, sul tavolo. è un periodo che ho l'abitudine di portare sempre con me qualche colore, delle matite e un blocco. finora ho collezionato decine di quaderni, pieni zeppi di poesie, di frasi buttate giù, di bozzetti o disegni. succede lo stesso quando voglio trovare la musica per le mie poesie. prendo un registratore e mi metto a registrare tutto quello che mi capita a tiro, anche il rumore delle macchine che passano per la strada, o spezzoni di programmi alla radio. invento anche musica con la mia voce. parto con delle sensazioni, col bisogno di tradurre quello che io provo per mezzo delle parole, disegni e suoni...".

annie fa amicizia con penny rimbaud dei crass, e va a vivere nella comune agricola di epping. con l'aiuto di penny, che ancora oggi traduce in musica i "nastri creativi" di annie, nel 1981 pubblica il single "barbed wire halo" su label crass records. si tratta di due poesie, "horror" e "cyanide tears" alle quali fanno da sfondo rumori tirati fuori da sintetizzatori, drum machines, percussioni varie e frequenze radio. nell'anno successivo la piccola casa editrice indipendente xntrix, legata a lance d'boyle dei poison giris, pubblica una sua raccolta di poesie intitolata "tropical depression". annie conosce adrian sherwood e sua moglie kishi, e comincia a interessarsi alla cultura e alla musica rasta, collaborando anche come scrittrice di testi e occasionale tastierista all'attività di alcuni gruppi reggae-dub legati alla small label on-u sound tra cui missing brazilians, dub syndicate e creation rebel. molti rasta suoi amici collaborano alle sessions del suo album "soul possession", pubblicato da corpus christi all'inizio di quest'anno. "soul possession" è un lavoro sorprendente, specie per il modo di accostare ritmi rumori e voci. questo disco ha avuto anche una discreto successo di vendite: rimasto a lungo nelle indie charts, ha venduto a tutt'oggi circa diecimila copie. attualmente annie collabora all'attività della cult band current 93, assieme a geff rushton (a.k.a. john balance, di psychic tv), al giornalista david tibet e a fritz haaman del gruppo 23 skidoo.

non avevo mai organizzato un tour. tra l'altro la figura del tour manager mi è sempre stata abbastanza antipatica, quindi non mi ci vedevo proprio a rivestire un ruolo che contestavo. il problema era comunque che dovevo muovermi in qualche modo in fretta, visto che ci doveva pur essere un minimo di coordinamento nell'organizzare delle date. la prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di rivolgermi ai vari amici che ho un po' in tutta italia: in quaranta giorni ho fatto più di duecento telefonate e spedito una trentina di lettere, nella speranza di trovare aiuto anche sul piano economico. i problemi si sono fatti sentire subito: evidentemente questo modo di procedere ha dato fastidio a più di qualcuno, anche nel cosiddetto mondo alternativo nazionale. è venuto fuori che a qualcuno annie non piace proprio: non è abbastanza punk e preferiscono organizzare dei concerti hardcore, o è troppo pesante come genere, oppure è troppo compromessa con gente non anarchica, e potrei continuare a lungo con questa sfilza si scuse vergognose e tristissime... ad altri invece piace, ma non si sentono in grado di fare niente di concreto. viene fuori che in italia non esiste nessun posto disponibile (eppure non erano stati richiesti né teatri né palasport), non esiste alcun impianto di amplificazione decente a prezzo accettabile (che però venivano utilizzati per altri concerti nello stesso periodo), non esiste nessuno disposto a spendere più di duemila lire per il biglietto d'ingresso (...). si fa, non si fa, si potrebbe dire, forse si fa se... dopo quaranta giorni di lavoro riesco a piazzare sette date. spedisco ad annie via telex i soldi per il biglietto aereo londra/venezia e ritomo e vado a caccia di un furgone. dimenticavo di dire che ero riuscito a coinvolgere un gruppo di miei amici di udine, i detonazione, segnalati da annie come buoni supporter, cosa della quale ero anche io più che convinto. una mattina di fine settembre, alle otto di mattina, annie e pete wright (che le farà da tecnico del suono) arrivano alla stazione di venezia. l'avventura comincia...

bologna, carpi, venezia, milano, aosta, bassano, merano: ecco le date. ed ecco anche i primi contrattempi: un paio di giorni prima veniamo improvvisamente a sapere che ad aosta e a bassano non si può suonare. se però guardiamo bene non sono proprio questi i veri problemi, nonostante il buco di oltre 750.000 lire che queste cancellazioni hanno provocato.
il problema è stato spesso l'impatto con la gente, con l'atteggiamento di chi (pochi, ma in questi casi bastano) è venuto malamente a confrontarsi con un qualche cosa di diverso dal grigio tran-tran dell'autogestione italiana. in molti hanno reagito senza voler capire, soprattutto "senza reagire": è stata applicata la teoria del take-it-easy da una parte (non preoccupiamoci troppo, in un modo o nell'altro si aggiusta tutto... mentre magari, alle due di notte, si trattava di decidere dove andare a mangiare e come sistemarsi per dormire), dall'altra invece ci si è preoccupati a utilizzare quelle serate come restauro di barricate. qualcuno si è preoccupato di sottolineare in vari modi (non ultimo quello di esternare la propria ignoranza e intolleranza sulla carrozzeria del nostro furgone e della mia macchina) la propria diversità a tutti i costi, dimostrandosi incapace di leggere comportamenti diversi dal proprio come segnali d'aggressione o colonizzazione. sono rimasto sorpreso, come pure annie e pete, del fatto di quanta importanza si dia ancora a cose che in tutta sincerità ritenevo ampiamente superate e stupide: il taglio dei capelli, il modo di vestirsi, il fatto d'essere vegetariani oppure no, i gusti musicali/artistici, gli interessi personali, etc.
rigidità ed intolleranza si sono dimostrate la bandiera (ma non s'era detto di rifiutarle tutte?) di tanti gruppetti, ancorati al principio del "se non sei come noi, sei contro di noi". e le discussioni infinite sulle "diverse anarchie", l'anarchia "di destra" e quella "di sinistra", le frustrazioni e l'arroganza, il vivere in una grande città e l'angoscia dei piccoli centri di provincia.
è bastato poco per dividerci: qualche parola, un gesto. non immaginavo che l'organizzazione di un tour come questo, un evento che io continuo a leggere come semplice e positivo nella sua essenza, potesse trasformarsi anche in una serie di comportamenti e critiche pesanti e inaccettabili. l'integralismo e l'ortodossia al limite della paranoia hanno intaccato parte dell'italia alternativa? o è forse un qualche cosa di più sottile e più subdolo che si è insinuato tra le spaccature di questo movimento? la filosofia dell'anche troppo ("anche troppi questi soldi per annie anxiety, ritenetevi fortunati"), la quantizzazione dell'arte e dell'opposizione, le esclusive, il crogiolarsi in situazioni di miseria economica e spirituale, l'intolleranza per il diverso perché "nemico"... è giunto il momento di guardarsi in faccia e guardarsi addosso. per poi scoprire che, con tutta probabilità, ci sono gli stessi occhi, lo stesso cuore, la stessa voglia di vivere e di cambiare (in meglio!) questo mondo.

"...dici che mi ammazzano se dico che mi piace david bowie?" [annie anxiety, milano 3 ottobre 1984, prima della trasmissione a radio popolare].


annie anxiety - convegno internazionale anarchico di venezia, settembre 1984

ciao a tutti sono fabiostronzo, ho scritto questa lettera non tanto come risposta all'articolo di marco pandin (nel precedente numero della rivista), né come risposta tesa a creare oziose e noiose polemiche da rotocalco. ma bensì perché come individuo tengo sempre a prendere una mia posizione rispetto a tutto ciò che mi circonda, ed a tutto ciò con cui vengo a contatto. spero di contribuire attraverso l'esposizione delle mie idee, a dare un resoconto il più obiettivo possibile riguardo al tour italiano di annie anxiety, e alle successive prese di posizione espresse da marco pandin sul precedente numero della rivista. ho scritto questa lettera anche perché voglio che il maggior numero di persone possibile venga a conoscenza dell'accaduto e del commentato, in modo da non rendere elitario e privato un avvenimento che poteva essere di tutti. sono rimasto veramente amareggiato da tutto quello che ho letto nell'articolo di marco riguardo al tour di annie anxiety, da lui coordinato con la collaborazione di molte persone che hanno lavorato impegnandosi nel tentare di realizzare un momento positivo di scambio a livello di diverse esperienze creative. amareggiato perché purtroppo riesco a capacitarmi di come marco, persona che ho conosciuto durante i concerti di annie, possa cosi come aveva già fatto in passato sparare presuntuosamente a zero su ciò che sta crescendo e sviluppandosi oggi in italia di realmente alternativo a tutto ciò che oggi ci è imposto.
il piccolo ma in crescita mondo dell'autogestione italiana vive solo per chi realmente lo fa vivere, perché la voglia di tante (e sempre più) persone di agire, creare, esprimersi in una determinata direzione, si fonde con la loro volontà di superare i sempre più insuperabili ostacoli che tanta, troppa gente ci costruisce addosso; di questa gente ne troviamo in tutte le situazioni e proveniente da diversi strati a livello di organizzazioni culturali, giornali musicali, istituzioni. chi può sparlare in questo modo di qualcosa che solo grazie a noi stessi sta vivendo ma che comunque ha fermamente bisogno di solidarietà e sostegno da pane di tutti i coinvolti nelle maniere e forme più disparate? ma, ripeto, chi può affondare nell'acqua bollente una testa che con mille sforzi cerca di respirare un'aria decente, cerca una ragione d'essere di esistere, di raggiungere quegli obiettivi scaturiti dai suoi bisogni, che cerca con forza di risultare più incisiva possibile? esistono centinaia e centinaia di persone che mettono tutto loro stessi per poter vivere una vita degna di essere chiamata tale, tante persone che lottano ogni giorno per far sentire la propria voce, per esprimere la propria creatività. io mi colloco tra queste persone, e per me lo sviluppo della mia vita, esistenza, racchiude quell'aspetto della vita di una persona che può essere la comunicazione e il tentativo di esprimere le proprie idee sotto forma di messaggio creativo. in poche parole io non organizzo dei concerti esclusivamente per il solo gusto che il concerto mi procura, non è per me ne un lavoro ne un hobby domenicale, non indico riunioni perché semplicisticamente è giusto farlo, come non suono per mostrarmi, ricalcando schemi che rifiuto. io voglio vivere tutto ciò che penso, pensiero e azione coordinati, indivisibili: questa non è chiusura, o facile teoria d'accademia, ma un'attitudine, un'esigenza, un'affinità, una forma di proporsi agli altri e di rapportarsi a se stessi; tutto questo non genera un grigio tran tran!!!
a questo punto chi non vuole capire chi??? queste non sono giustificazioni del momento e nemmeno sto a dire che mi piace crogiolarmi nella miseria e nella mediocrità di nostra appartenenza o impostaci. quali sono i metodi da seguire per creare dei momenti stimolanti artisticamente e organizzativamente efficienti??? rivolgersi a discoteche per l'organizzazione delle date? sottoporre contratti manageriali che schifano chi realmente non è un tour manager? usare come metro di misura e di confronto il panorama alternativo/musicale inglese? quest'ultimo è comunque un errore che tutti i non-inseriti, o quelli che guardano indispettiti dall'esterno cosa succede, commettono inevitabilmente: comparare la realtà italiana al modello inglese completamente diversificato. fa tanto "impegno" riempire pagine parlando dei gruppi anarcopacifisti inglesi, quando poi sull'esempio (quale poi?) di questi si sprecano mazzate polemiche e incompetenti su chi si muove qui in italia. forse è proprio vero che siamo tanto diversi. marco: come può un critico musicale calarsi nei panni di chi con un certo tipo di realtà parassitarla non ha mai avuto niente a che fare? perché sempre cosi poche parole sono state date sprecate sulle situazioni autogestite in italia, quando invece le pagine erano zeppe di recensioni dei gruppi anarchici inglesi? (gente tra l'altro che giustamente delle recensioni musicali non se ne fa proprio niente). questo non è un mascherato invito a dare più spazio a determinati argomenti piuttosto che ad altri, ma è sottolineare delle differenze di metodo che io personalmente non voglio smussare, sottolineando però chiaramente che non ho intenzione di barricarmi dietro a queste e chiudermi a priori a chi è diverso da me!
sono costretto ora a rispondere con dei particolari tecnici sullo svolgimento del tour ed in particolare la data di milano, organizzata dal collettivo punks anarchici del virus e dai ragazzi della zine fame. essendo che noi non siamo una s.p.a. per concerti o una discoteca alternativa, non quantifichiamo l'arte e la creatività che una persona esprime, ma ci scontriamo ogni giorno con problemi quali la mancanza di soldi per esempio e siccome non intendiamo risolvere questo problema alzando il prezzo del biglietto ai nostri concerti, certe insinuazioni si potevano evitare di certo. sempre perché certi metodi, quelli "aperti", quelli "realmente alternativi", o quelli della gente che si sforza di "capire" ci hanno sempre ripugnato. risulta chiaro quindi che noi non siamo capaci (e non vogliamo esserlo) di organizzare un concerto le cui caratteristiche si avvicinano all'impostazione commerciale e di sfruttamento di un qualsiasi momento di espressione. in ogni caso (e dovresti saperlo) noi autogestiamo uno spazio dove è possibile organizzare concerti ed usufruire di un impianto decente, ma tu ti sei guardato bene dal contattarci per l'organizzazione del concerto, solo il nostro interessamento ad essere partecipi a questo avvenimento e l'amicizia personale con annie hanno permesso lo svolgimento del concerto a milano. penso inoltre che sia giusto smetterla di guardare il lontano e ricco west, ritengo necessario iniziare a distruggere un certo tipo di colonizzazione culturale che non si esprime solo nel mondo commerciale istituzionale, e nella sopravvivenza di ogni giorno. una delle più interessanti tendenze che oggi io vedo all'interno del circuito alternativo italiano è proprio questo desiderio di esprimere qualcosa di proprio, qualcosa che nasca profondamente da noi, e che non sia il riflesso delle tendenze di altre situazioni diverse dalla nostra, culturalmente, politicamente e socialmente. alcuni esempi pratici: in america la maggior parte dei concerti punk vengono svolti in locali che niente hanno di diverso dalle nostre discoteche, dove a volte il biglietto di entrata arriva anche a 11 dollari, in inghilterra per la maggior parte si suona in pubs, in hall di alberghi, in clubs schifosi e allora? dovremmo forse riproporre anche questo aspetto? senza tentare di cercare qualcosa di nostro, di diverso? in italia esistono situazioni che nascono dalle lotte reali per l'autodeterminazione della propria vita, spazi dove l'autogestione si vive sia essa bella o brutta nera o grigia!
in ogni caso le cose stupide, come le chiami tu, a parer mio non sono né cose né stupide, perché penso che la liberazione deve avvenire giorno per giorno, deve passare attraverso il nostro io, dentro di noi. quindi qualsiasi sensazione o atteggiamento che ci fa riconoscere tra gli altri ha la sua importanza, e tutto quello che noi proponiamo all'esterno nasce nelle profondità di noi stessi e da esso inscindibile, penso che ogni momento della proposta che noi facciamo di noi stessi agli altri vada valutata anche per capirsi più a fondo, per confrontarsi magari proprio sulle differenze. tu parli di autogestione italiana, ma tu cosa ne sai? e di quale autogestione parli? non che io rilasci diplomi di autogestione e mi arroghi il diritto di dire tu si e tu no, ma ribadisco che per parlare di autogestione e di circuito alternativo italiano bisogna viverci dentro e magari muovere le chiappe per farlo crescere. io non ho bisogno di chi mi ripropone metodi che ho già evitato di usare perché alieni alla mia natura, perché in contrasto con le mie affinità. l'autogestione è soprattutto quella che si pratica, non certo su una comoda sedia dietro una scrivania dietro ad una macchina da scrivere che assomiglia ad una falciatrice di esperienze esistenti, reali. non ci scusiamo di essere come siamo, né di cercare di essere coerenti con le nostre idee. per l'autogestione che è la nostra vita!

fabiostronzo/obsoleto degli alternativita, milano 

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il combattere o ostacolare chi non è d'accordo con ciò che si fa o si predica è una vecchia storia. oggi, come un tempo, sono d'uso la guerra, il carcere, le deportazioni e le sanzioni amministrative. più in piccolo, la logica è comunque la stessa, si discute, si alza la voce, si viene alle mani. non mi sembra questo sia il nostro caso: non mi considero un potenziale avversario. tuttavia, se fabio & co., incazzatissimi come sono decidono di risolvere sul piano di un attacco personale un problema che a mio avviso è di ben altra portata e spessore, bene, non hanno che da avvertirmi. eviterò di essere sorpreso a gironzolare disarmato nella loro zona e farò controllare la posta in arrivo da un team di artificieri. questo fino a quando le acque si saranno di nuovo calmate, e altri bersagli presi di mira.

bisogna "muoversi", bisogna "fare". su questo siamo tutti d'accordo, ma ognuno lo fa come può, come sa o come pensa di sapere. c'è chi è convinto sia "abbastanza" movimento quello che fanno le solite fanzine, i soliti dischi, i soliti nastri registrati, nell'andare su e giù circolando sempre per le stesse mani, nei soliti posti, tramite gli stessi circuiti. c'è chi crede nell'aggregazione in bande, in circoli più o meno ristretti frequentati da chi ha simili problemi, simili tendenze e gusti (musicali, artistici, letterari, filosofici, etc.). c'è chi invece è diverso, e prova a rompere questi equilibri orizzontali perché non li sente suoi. chi è diverso da fastidio, e il dare fastidio serve a creare "movimento", questo non si può negare, poiché chi da fastidio non piace a nessuno e ci si deve "muovere" in qualche modo per eliminarlo. o da una parte o dall'altra, quindi: o si è "dentro" o si resta "fuori". la storia insegna che le mezze misure non riscuotono mai successi. non si può dichiararsi alternativi e magari anarchici senza prima averne ottenuto il consenso. non si può essere attratti da tematiche libertarie, e poi emozionarsi di fronte a una performance di carolyn carlson, o davanti a un film di rainer w. fassbinder, gente che "non appartiene" all'alternatività sociale. non si può essere bloccati da polizia e carabinieri la domenica mattina, mentre si partecipa a un volantinaggio sovversivo e poi, come niente fosse, il lunedi mattina andarsene tranquilli in ufficio a lavorare. non si possono acquistare contemporaneamente dischi dei crass e, che so, bruce springsteen. non si può. è contro ogni regola, è "fuori" da ogni regola. anche se tutti le contestano, le regole esistono, e più sono sottili più sono pericolose. secondo lo schema logico proposto da fabio, ci si può esprimere sull'autogestione solo se "se ne è dentro", o se "se ne parla bene". se un "estraneo" o un "dissidente" (definito tale perché non partecipa alle riunioni e ai raduni, perché non porta rispetto per nessuno, etc.) si permette di ficcare il naso in faccende che "non lo riguardano", allora scatta l'allarme.

"...chi può parlare in questo modo di qualcosa che solo grazie a noi stessi sta vivendo, ma che comunque ha fermamente bisogno di solidarietà e sostegno da parte di tutti i coinvolti nelle maniere e nelle forme più disparate..." - tuona fabio nella sua lettera. calmati, fratello, non fare drammi. ho scritto che il tour di annie sarebbe potuto andare assai meglio di quanto non è andato, e che sono stato deluso da una serie di comportamenti. a carpi, merano, padova, venezia è andata bene, ci siamo passati serate discrete anche affogando nella sfiga. a bologna non è stato proprio il massimo, ma abbiamo trovato degli amici e gente ben disposta a discutere, a raccontare e raccontarsi. a milano sarebbe andata senz'altro meglio se ci fossimo conosciuti di più e se avessimo avuto (l'uno dell'altro, non mi tiro indietro) meno pregiudizi e, di conseguenza, un comportamento più corretto e rilassato.
fabio non reciti però la parte della vittima di un torto che sa bene non ha subito. il suo carisma non lo salva dalle bugie che racconta: chiede solidarietà e sostegno, ma non è disposto a "cedere" di un solo millimetro per avvicinarsi a posizioni diverse dalle sue: "...mi hanno sempre ripugnato certi metodi, quelli "aperti", quelli della gente che si sforza di capire...", infatti. vedi, fabio, secondo me "alternativo" non significa per forza anche "misero" e "squallido" (bologna insegna). tu li chiami "compromessi", dichiari di non essere disposto a scendere a patti con nessuno, io invece credo che si abbia bisogno di avvicinare quanta più gente possibile per andare avanti. se il "muovere" e il "fare" restano privilegio e patrimonio di pochi, secondo me non ha più senso continuare. è solo provando a dimenticare le barriere (che esistono!) tra questi nostri livelli che si potrà imparare qualcosa l'uno dell'altro, e magari insieme andare avanti e "muovere" e "fare", rimanendo io "io" e tu "tu". quello che conta è fare il primo passo per primi, e aspettare le conseguenze per poi fare un altro passo, e poi un altro ancora.

vorrei, in conclusione, precisare pacificamente la mia posizione su un paio di "questioni marginali" accennate da fabio nella sua lettera, due questioni "meno importanti" solo in apparenza. non ho rapporti professionali con nessuna testata giornalistica, scrivo perché mi piace (e generalmente non pretendo soldi), quindi non lo considero come un lavoro. se ho "sprecato poche parole sulle situazioni autogestite in italia" sui giornali coi quali collaboro, com'é stato detto, è solo perché spesso mi viene chiesto espressamente di non farlo. i vari gruppi che mi spediscono nastri e/o dischi da loro prodotti, frequentemente sottolineano il loro gradimento ad essere o non essere "recensiti" su questa o quella rivista. e poi, come mai lamenta una sua "non presenza" mio tramite su giornali "commerciali" che contesta così radicalmente?
una cosa, poi, che mi risulta essere drammaticamente diversa da "come la so io", è il fatto che il concerto di annie a milano sia stato reso possibile solo grazie alla sua intercessione, o "amicizia personale", come dichiara. il concerto di milano doveva essere organizzato da alcuni compagni della libreria utopia, che però hanno "sospeso i lavori" dopo una serie di pressioni (chiamiamola "campagna diffamatoria" nei miei confronti) condotte anche da lui. come mai? è stata forse la sua amicizia con annie che lo ha sollevato dal bisogno di chiederle se aveva fame e sete, se sapeva dove andare a dormire, se aveva soldi in tasca per comprarsi un pacchetto di sigarette? è stata forse la sua amicizia "esclusiva" con pete dei crass che lo ha spinto a telefonare a londra pochi giorni prima della loro partenza, suggerendo di non partecipare al convegno di venezia (che, essendo la tappa fondamentale del tour, era la ragione principale del loro viaggio in italia) perché "...organizzato da gruppi anarchici tradizionalisti e di destra..."? come la mettiamo?

[replica alla lettera di fabio, dicembre 1984 - inviata ad a/rivista anarchica ma non pubblicata]

 

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